Caos sindacale addio di Muti all'Opera

Caos sindacale addio di Muti all'Opera
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Lunedì 22 Settembre 2014, 06:24
L'ANNUNCIO
Una lettera privata al Sovrintendente, «... i nostri tanti reciproci sfoghi, la tristezza e la delusione di fronte a molti episodi vissuti insieme». Fuortes: «Un disastro». Un carteggio accorato. E poi l'annuncio: Muti saluta il teatro dell'Opera. Va via. Il maestro rinuncia a dirigere le due opere Aida e Le Nozze di Figaro, i titoli più prestigiosi della prossima stagione del Costanzi. «Non ci sono le condizioni - scrive da Chicago - per poter garantire quella serenità per me necessaria». Una decisione che arriva dopo «lunghi e tormentati pensieri», in piena campagna abbonamenti (oltre ai rinnovi, ne erano stati già venduti duecento a nuovi abbonati), subito dopo un combattuto referendum tra i sindacati sul piano di risanamento (approvato all'unanimità), alla vigilia dell'inizio delle prove di Aida, previsto per novembre, con scene in costruzione, cast sotto contratto, costumi in prova.
L'INSTABILITÀ
«Una scelta senza dubbio influenzata dall'instabilità in cui versa l'Opera a causa delle continue proteste - spiegano il sindaco Marino e Fuortes, rispettivamente presidente e sovrintendente della Fondazione lirica - dalla conflittualità interna e dagli scioperi durati mesi, che hanno portato alla cancellazione di diverse rappresentazioni, con gravi disagi per il pubblico internazionale e nazionale che aveva acquistato i biglietti».
Una decisione, quella del maestro, che addolora non soltanto il teatro della Capitale, ma che diventa un fulmine contro l'intero sistema musicale del Paese che versa in condizioni tali da non garantire al più grande direttore italiano di poter lavorare a casa sua. «Se non - spiega - per dedicarmi all'orchestra di giovani da me fondata». Le baruffe al Carlo Felice di Genova, a Torino le liti tra Noseda e Vergnano, alla Scala la discussa sovrintendenza di Pereira, a Napoli, il commissariamento del San Carlo, sono solo alcuni esempi.
E così mentre l'Italia si divide sull'articolo 18, nella Capitale il caos sindacale allontana il principale direttore musicale italiano. Un epilogo che ha avuto un'accelerazione del tutto imprevista e che altrettanto velocemente accelera nuovi scenari. Aprendo un capitolo tutto da inventare, ma che prende il via dalle pagine scritte in precedenza, proprio da Muti. Negli ultimi mesi, con il Costanzi piegato da un disastro economico, diede il suo parere positivo all'avvio del piano industriale, previsto dalla legge Bray e sposato in pieno dal nuovo ministro Franceschini: un consenso silenzioso ma che il maestro manifestava continuando a lavorare in condizioni impossibili, subendo aggressioni verbali nei camerini e sopportando lo smacco di ben trenta orchestrali, tra cui il primo violino, che non lo seguirono nella tournée in Giappone che si svolse per altro trionfalmente.
E tollerando con estrema dignità e dedizione per la causa culturale, di finire utilizzato come, involontario, strumento di ricatto da parte dei sindacalisti: «Ti amiamo», avevano scritto sulle magliette nei giorni della protesta, ma «scioperiamo contro le scelte della Sovrintendenza».
«Basta», ha tuonato da Chicago. E basta lo diranno probabilmente i vertici del teatro che si trovano a riavviare la stagione, con una crisi da gestire, un futuro da riorganizzare, molti interrogativi, ma anche molte certezze: «Abbiamo ereditato un disavanzo di circa 12 milioni di euro prodotto da una dissennata gestione amministrativa. Una situazione - aggiungono Fuortes e Marino - che abbiamo corretto in un solo anno, riportando in attivo i bilanci dell'Ente. Un intervento che ci consente ora di lavorare al rilancio e al rinnovamento del teatro». Ma come si trasformerà in futuro, il braccio di ferro tra orchestrali e dirigenza? E' poco probabile che arrivi una stretta di mano condivisa e definitiva. Forse, ci sarà una rivoluzione dell'intera Fondazione o addirittura la liquidazione dell'Ente, come tra l'altro più volte ipotizzato in passato.
GLI SCENARI
Certo è che se la Fondazione non si libera dallo spettro scioperi e paralisi, come quelli che ha dovuto subire Muti per il debutto di Ernani o di Manon Lescaut, andata poi in scena per un accordo preso a notte fonda, Roma non perderà soltanto Muti, ma il suo teatro. I tamburi dei sindacati si fanno già sentire. Cgil e Fials denunciano l'inadeguatezza dei vertici. Che ricevono invece solidarietà e sostegno dal Ministro e dall'assessore alla Cultura. La Cisl si augura un ripensamento di Muti che al momento, però, sembra impossibile.
Simona Antonucci
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