Marco Pasqua

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Lunedì 1 Dicembre 2014, 06:07
Le loro foto sono state attaccate ai pali, ai guard rail, agli alberi. Sbiadite dal tempo e dagli acquazzoni. Appese là dove le loro vite sono state stroncate. Vite di ragazzi, uccisi al rientro da una festa, una serata in discoteca, un pomeriggio con gli amici. E i loro occhi, oggi, guardano chi passa per quei cimiteri improvvisati che testimoniano il momento maledetto in cui sono stati strappati ai loro affetti. Qualcuno, ogni tanto, porta dei fiori, altri dei biglietti, nonostante siano passati anni. Perché il dolore per la perdita di un fidanzato, un figlio, un fratello, è eterno, e quei messaggi aiutano a gridarlo a tutti, non a lenirlo. Lo sanno quelli che conoscevano Alessio e Flaminia, uccisi il 23 maggio del 2008 mentre percorrevano in motorino la via Nomentana, travolti da un pirata della strada. Chi passa per quell'incrocio maledetto può ancora vederli, rivivere quella maledetta sera in cui i loro cuori hanno smesso di battere. Lo sanno la madre, il fratello, lo zio di Carlo Macro, assassinato con un cacciavite da un senza fissa dimora che viveva in una roulotte parcheggiata abusivamente in via Garibaldi. Sono passati molti mesi, da quella notte del 17 febbraio, ma Carlo è ancora là a ricordarci l'atroce e barbara violenza di cui è stato vittima davanti agli occhi del fratello. Chi passa davanti a quel muro, qualche volta, si ferma a leggere. E, forse, a pensare su quanto la ruota della morte sia spietata, la sofferenza una pena inflitta senza un perché, il dolore una condanna alla quale, talvolta, non si può sfuggire.
marco.pasqua@ilmessaggero.it