Ostia, nelle cabine pranzo al sacco e pennichella nel pàtio

Ostia, nelle cabine pranzo al sacco e pennichella nel pàtio
di Camilla Mozzetti
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Martedì 6 Settembre 2016, 09:18

«La vede questa lasagna? L'ho preparata stamattina alle cinque e domani piatto forte: porto i pomodori al riso». La signora Giuliana, non nasconde una certa soddisfazione e di fronte alla cabina, che ogni anno prende in affitto in uno stabilimento poco distante dalla Rotonda di Ostia, si accinge con coltello e forchetta a fare le porzioni per tutta la famiglia. E' ora di pranzo, ma no, non si sale alla tavola calda e meno che mai si rimbocca la Cristoforo Colombo per tornare a Roma. Il pranzo si consuma in spiaggia - per comodità e con l'attenzione al risparmio - sotto il patio di quelle piccole casette in legno che la tradizione ha voluto trasformare, nel tempo, in qualcos'altro rispetto a semplici depositi per sdraio, asciugamani e teli da mare.
Il piccolo tavolo in legno è apparecchiato. Una tovaglia di plastica lavabile, piatti e bicchieri di carta da buttare poi senza doversi preoccupare di lavarli. «Lo facciamo da anni, anzi da sempre, conviene, pensi che a Ferragosto - prosegue la signora Giuliana - con tutti i vicini abbiamo organizzato il pranzo in spiaggia, ognuno ha portato qualcosa e abbiamo festeggiato così». Poco distante sotto il patio di un'altra cabina, Maurizio Russo, impiegato statale in pensione, taglia mozzarella e pomodoro in una pirofila piena di fusilli fumanti. «Dentro c'ho il fornellino a gas, lo so che è vietato, ma per un piatto di pasta da dare ai miei nipoti non posso mica ogni giorno spendere 10 euro a persona». Ecco che torna quindi prepotente quell'arte di arrangiarsi pur di risparmiare, pur di vivere il mare ogni minuto, pausa pranzo compresa al grido di «Ce semo: ecco qua, venite a magnà». Come annunciava la signora Meloni - al secolo Ave Ninchi - nel film di Luciano Emmer, Domenica d'agosto, mentre serviva a tutta la famiglia un piatto di spaghetti cucinato rigorosamente dentro una cabina. Che quell'immagine in bianco e nero non è solo parte della memoria cinematografica italiana, ma fotografia ancora attuale di un'abitudine - o meglio di un costume - che non conosce crisi.

I PENDOLARI DEL MARE
Chi non li può vedere, li chiama fagottari, per altri - la maggioranza - sono solo persone capaci di organizzarsi. Soprattutto tra gli stabilimenti balneari di Ostia in cui il turismo estivo è composto per lo più da romani pendolari che affittano a stagione una cabina sfruttando in ogni modo - e al meglio - quei piccoli spazi grandi non più di cinque metri quadri. Che in cinque metri quadri, in fondo, con un po' di fantasia, si riescono persino a trovare soluzioni da far impallidire i designer di Ikea. Prassi vorrebbe che vettovaglie, pentole e pirofile non entrino per alcun motivo negli stabilimenti. Bandite le pietanze pronte, i fornellini a gas, le riserve di pasta e pure le conserve di pomodoro, in almeno 3 stabilimenti su 5. Ma in pochi, tra i gestori, riescono a controllare tutte le cabine e qualcuno chiude anche un occhio di fronte al calo di circa il 20% sugli abbonamenti stagionali. Così, i bagnanti si organizzano. Con i prezzi che salgono stagione dopo stagione, c'è chi le polpette al sugo, i cannelloni e il pollo con i peperoni li prepara a casa e li porta poi nelle teglie avvolte dai giornali in spiaggia. Magari entrando dagli ingressi laterali sicuro del lasciapassare del guardiano di turno che ammicca quasi a ricordare poi di lasciare anche a lui una porzione di lasagna. Per i più spartani basta un salto al supermercato, un pacco di pasta, un fornellino da campeggio e il pranzo è servito. E dentro le casette di legno i clienti più esigenti hanno trovato il modo di rendere gli ambienti anche confortevoli.

 

 
GLI ARREDI
Piccoli comò, settimini, con specchi e poltroncine annesse, docce portatili esterne. Persino piccole fioriere attaccate alla staccionata esterna. Anche perché proprio gli affitti stagionali viaggiano su cifre tutt'altro che trascurabili. In media per affittare una cabina sul litorale di Ostia servono tra i 700 e i 1.500 euro a stagione che arrivano a 5mila euro negli stabilimenti più rinomati.