Cisterna 1944 come Mariupol
«Noi per mesi nelle grotte sotto le bombe»

Cisterna 1944 come Mariupol «Noi per mesi nelle grotte sotto le bombe»
di Vittorio Buongiorno
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Mercoledì 16 Marzo 2022, 09:04

Ci sono famiglie in Ucraina, a 2500 chilometri da Latina, che da settimane vivono in rifugi di fortuna per scampare ai bombardamenti russi. Un dramma che ci fa riandare con la memoria a quando, 78 anni fa, le famiglie di Cisterna furono costrette a fare lo stesso, a nascondersi e a vivere nelle grotte in diverse grotts scavate nel terroitorio di
cisterna. le piu' grandi sono quelle aperte nei secoli sotto Palazzo Caetani, al centro della citta'. Vissero là sotto per mesi. Per sfuggire ai bombardamenti alleati, ma anche ai rastrellamenti nazisti. Proprio il 19 marzo del 1944 i tedeschi ordinarono lo sfollamento generale del centro abitato che fu compiuto in tre giorni.
Le grotte sono sempre lì, nel cuore di Cisterna. Una targa accanto all'ingresso annuncia Antiche Grotte Caetani. Del 1560. Ma è per la storia recente che oggi devono essere visitate. Quella scala circolare che si inabissa per venti metri ci riporta indietro ai quei giorni di guerra. «Si stima che siano state 4 mila le famiglie cisternesi che hanno trovato rifugio nei cunicoli - racconta Mauro Nasi, addetto stampa del Comune e storico del territorio che ieri mi ha accompagnato insieme alla vicesindaco Maria Innamorato - La sotto le pareti tremavano per le bombe e si viveva qui al buio, senza luce naturale, senza ricambio d'aria». Il sottosuolo di Cisterna è costellato di grotte. Quelle di Palazzo Caetani sono vastissime. «Le più sicure» dicevano gli sfollati. I cunicoli sono sempre lì, scavati nella pozzolana. si estendono forse per chilometri, ma ne fu occupata solo una parte. Era difficile respirare nel ventre piu' nascosto. Alcune parti sono state riempite di terra da riporto perché dopo la guerra, negli anni della ricostruzione, chi tirava su le nuove case buttava giù terra di risulta per rendere le costruzioni più stabili. E quando arrivò il cemento fecero palificazioni che arrivavano fin dentro le grotte come si vede oggi addentrandosi nel sottosuolo.
Difficile, anzi impossibile, immaginare oggi cosa dovettero sopportare in quei due mesi del 44 anziani, donne e bambini. Per provare a capirlo bisogna parlare con la gente. Farsi raccontare. Un prezioso contributo al ricordo è il docufilm Le Grotte della memoria realizzato dal Circolo Gianni Rodari Onlus con le testimonianze di 18 sopravvissuti. Ogni giorno era una scommessa da vincere. «Chi riusciva a correre fino alla grotta si salvava, chi non ci riusciva restava morto per terra». «Cinquantotto giorni siamo stati sottoterra». «Se avevi una coperta la portavi giù, altrimenti dormivi sulla terra nuda». Mentre cammini nei cunicoli e nelle stanze che si aprono su entrambi i lati sembra di sentire quelle voci. «I cisternesi vissero quei mesi nelle grotte di pozzolana scavate sotto i palazzi di Cisterna - racconta Piergiacomo Sottoriva, storico e giornalista - Non si potevano lasciare quei quattro metri quadrati di superficie che eravamo riusciti ad occupare. Per noi era sempre notte. La rompevano i fumosi lumi a petrolio. Mia madre ci faceva soffiare il naso e usciva una poltiglia nerofumo. Poi, con pazienza e amore, cercava di liberarci i capelli dai pidocchi che li affollavano. Il mezzo tecnico era lo stesso petrolio, strofinato sulla cute. Uscire non si poteva. Ci pensavano i tedeschi, non i posti di blocco delle nostre buone e pazienti guardie municipali, carabinieri, polizia, guardia di finanza. Quelli tiravano fuori la machine-pistol e minacciavano. C'era poco da discutere. E se non era la Wehrmacht a minacciare, ci pensava Pippo, un caccia inglese che volava per far fuoco su qualunque cosa si muovesse sul terreno. Meglio se tedeschi, ma se erano italiani era lo stesso».
Sono passati 78 anni ma è questo quello che stanno affrontando oggi le famiglie di Kiev, di Mariupol, di Kirkhiv. Anzi, per loro è peggio. I cisternesi sapevano che prima o poi gli Alleati sarebbero arrivati. Gli ucraini invece sanno di dover contare solo sulle proprie forze. «Ho una fotografia - racconta ancora Sottoriva - che mostra sette o otto bambini e bambine sul foro di uscita della grotta Scisciò, dove noi eravamo ricoverati». Cammini sulla terra umida, poggi la mano sulla parete, su quell'intonaco che probabilmente rivestiva l'antica cisterna romana da cui poi sono derivate le grotte. Senti quelle voci. «Non c'avevamo niente da mangiare». «Non si respirava, l'umidità si percepiva, uscivi la mattina con i vestiti bagnati». «Non sappiamo come siamo riusciti a sopravvivere». Quando le bombe cadevano «sembrava che la terra ballasse».
Il docufilm si chiude con l'immagine di un uomo di Cisterna che se ne va per i vicoli e borbotta: «Chi fa la guerra è maledetto». Sono passati 78 anni ed è proprio così, ora come allora: chi fa la guerra è maledetto.
Vittorio Buongiorno
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