Se c’è una festa che davvero rende onore al termine − dal latino festus, ovvero “gioioso, felice” −, si tratta del Carnevale, un rocambolesco girotondo di colori, maschere, dolci, scherzi, sfilate e riti scanditi ogni anno da un calendario diverso, poiché dipende da quando cade la Pasqua. Per il 2023 l’inizio è fissato per domenica 5 febbraio, la cosiddetta domenica di Settuagesima (circa 70 giorni prima della domenica di Pasqua) e si concluderà il 21 febbraio, nel giorno di Martedì Grasso. Il Carnevale è una festa legata al mondo cattolico e cristiano ma le sue origini vanno ricercate nella religione pagana, precisamente nei Saturnali della Roma antica e nelle feste dionisiache del periodo classico greco. Il simbolo distintivo di queste festività era senza dubbio la smodatezza, l’esagerazione, l’intemperanza, dal momento che in quell’unica occasione annuale vi era liceità di lasciarsi andare senza freni inibitori, così da sfogare i propri istinti e poter poi, con l’animo quietato, ritornare alla vita di sempre. L’antico detto latino «semel in anno licet insanire» − “una volta l'anno è lecito impazzire” − è davvero emblematico, così come l’etimologia del nome “carnevale”, che discende da “carnem levare”, vale a dire “eliminare la carne”: un riferimento all’ultimo, trimalcionico – è proprio il caso di dirlo! - banchetto che si tiene il Martedì Grasso, prima del periodo di astinenza e digiuno dettato dalla Quaresima, durante la quale appunto non è concesso consumare carne.
La tradizione in Basilicata
In Italia i modi di vivere i carnevali sono tanti, con una storia affascinante alle spalle, ma tra quelli più suggestivi, ancestrali e sotterranei, c’è sicuramente quello lucano: una festa che rimanda a una Basilicata arcaica scandita dai suoni dei campanacci e dagli echi della transumanza, antropologici e antropomorfi, dove dominano il mondo naturale e animale, i tòpoi leggendari sulle origini e i riti antichi, tutti elementi che si sposano alla perfezione con l’aspetto più solare e goliardico della festa, dove balli e canti si diffondono per i borghi e per le strade. Importantissime le maschere, la trasfigurazione di volti legati a un mondo primordiale, ancora molto sentito nelle comunità locali. Il comun denominatore dei carnevali della Basilicata è l’invocazione degli spiriti benigni come protettori delle messi e del bestiame, celebrati al ritmo di tamburelli e tarantelle, omaggiati con i piatti tipici e le ricette di un tempo, fiere di una tradizione enogastronomica genuina, semplice ma decisa nei sapori. Un vero e proprio rito propiziatorio di prosperità e fertilità, ma anche un momento di divertimento per deridere ed esorcizzare la realtà, mescolando le carte e rovesciando ruoli e convinzioni in modo grottesco e satirico, mettendo a nudo tabù, paure, scandali, licenziosità.
I Carnevali Lucani fanno rete tra loro
Tricarico, Teana, Montescaglioso, Aliano, Lavello, San Mauro Forte, Cirigliano e Satriano di Lucania sono gli otto paesi lucani riconosciuti dalla Regione Basilicata come “patrimonio immateriale”: nel 2018 è stata costituita una rete regionale con lo scopo di creare e promuovere eventi corali e per creare dei percorsi alla scoperta delle maschere e dei loro riti del carnevale. L’idea di costituire una “Rete di Carnevali e Maschere Antropologiche Lucane” è nata in seno alla Pro Loco di Tricarico (Matera), connotando simbolicamente i comuni coinvolti con le maschere storiche della tradizione e associandoli ad esse: quindi Teana è rappresentata dall’”Orso”, Satriano dal “Rumita”, Tricarico da “l’Mash-kr”, Cirigliano dalle “Stagioni”, Aliano dalle cosiddette “Maschere Cornute”, San Mauro Forte dai “Campanacci”, Lavello dal “Domino”, Montescaglioso dal “Carnevalone”. Ma in che modo esprimono il proprio spirito antico, pastorale e battagliero, fiero e primitivo? Scopriamolo nel dettaglio.
Maschere e campanacci sfilano con spirito antico e ironia
Il viaggio inizia a Tricarico, con le maschere chiamate “l’Mash-kr” in dialetto locale, che personificano il “toro” e la “mucca” attraverso, rispettivamente, un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo bianchi, addobbato con lunghi nastri multicolori fino alle caviglie, e da un copricapo nero decorato con lunghi nastri rossi. Il giorno per eccellenza della festa e della gioia è il 17 gennaio, in occasione di Sant’Antonio Abate, e la domenica antecedente il Martedì Grasso: già dal mattino presto rumorosi e scroscianti campanacci scuotono i dormienti, ricordando a tutti che le celebrazioni per il carnevale hanno inizio. Le maschere, condotte da un “massaro” o da un “vaccaro”, raggiungono la chiesa di Sant’Antonio Abate e poi continuano per il centro del paese, risuonando in tutti i quartieri con una processione che evoca scene tipiche e propiziatorie del mondo animale, come l’accoppiamento delle mucche con i tori. Il Carnevale di Teana è sicuramente uno degli eventi più famosi e seguiti della Basilicata, dove dominano “l’Orso” e il “Carnevale” personificato, finché l’ultimo giorno si celebra il processo, ovvero una presa in giro della “Passione di Gesù”. I personaggi più caratteristici, come la “sposa”, lo “sposo”, i carabinieri, il prete, il giudice e due medici, si trovano nel bosco e rimangono in silenzio per non farsi riconoscere: l’unico a proferire parola è “u’ Pezzente”, che dice solo “salsiccia” (la salsiccia pezzente è una prelibatezza tipica lucana). Un’altra figura importante è “Quaremma”, in preda all’amour fou per suo marito “Carnevale” mentre viene scordato, ebbro e malfermo, dai carabinieri; il corteo, che impazza tra danze e canti dialettali, culmina con la fucilazione del “Carnuluvar”.
Il Carnevale di Montescaglioso consta invece di una doppia anima e di una doppia faccia, il “Carnevale Tradizionale” e il “Carnevale Montese”. Il primo si svolge nel giorno del Martedì Grasso, quando fin dall’alba figure mascherate si aggirano per le vie del paese munite di fragorosi campanacci. Tra i personaggi tipici si riconoscono il “Carnevalone” con la moglie “Quaremma” che regge il pupazzo in fasce “Carnevalicchio” e “U’ Fus'”, una sorta di “Parca romana” che tesse i fili del Destino. Si tratta di un carnevale “povero”, fatto con avanzi di stoffa e carta, che rimanda alla cultura, agli usi e ai costumi moderati dei braccianti. La domenica che precede il Martedì Grasso, e lo stesso Martedì Grasso, è il turno del “Carnevale Montese”, in cui svettano maestosi carri allegorici e satirici. Il comune di Aliano invece è caratterizzato dalle maschere “cornute” e maligne, benché siano anche maldestre e colorate, fatte di argilla e cartapesta e dotate di corna enormi e nasi pendenti. Tipico del Carnevale di Lavello è il “Domino”, maschera prevalentemente di colore rosso − associato al popolo − caratterizzata da una lunga tunica di raso, un cappuccio e una mantella molto coprente, che ogni sabato sera, nel periodo compreso tra il 18 gennaio e il sabato successivo al giorno delle Ceneri, anima veri e propri “festini”.
A metà gennaio di ogni anno, in occasione del carnevale, il borgo di San Mauro Forte viene investito dal suono dei campanacci, che scorre lungo le strade fino a giungere alla torre normanna, in concomitanza con la festa di Sant’Antonio Abate, quando uomini con il cappello di paglia, avvolti in grandi mantelli, scuotono i campanacci “maschi” e “femmine”, che simboleggiano la fecondità, allontanano il male e incoraggiano la buona riuscita del raccolto. Questi campanacci si quietano solo nelle cantine e durante la degustazione di piatti tradizionali derivati dal maiale; la sagra trova la sua conclusione con il funerale del “Carnevale”. Peculiarità della festa di Cirigliano è invece “l’Inverno”: nelle vie del paese, i figuranti seguono “Capodanno” e declamano versi poetici non sublimi ma popolari, della tradizione orale locale, che omaggiano i frutti della terra e la primavera. “I mesi dell’anno” e “le quattro stagioni” scortano in processione la bara del “Carnevale”, accompagnata dal pianto disperato della moglie “Quaremma”, fino al momento di massimo climax raggiunto con il falò per bruciare il “Carnevale”.
A Satriano dominano i riti arborei, dove il connubio con la natura diventa una vera e proprio fusione e personificazione, con protagonista “l’Uomo Albero” rivestito di edera, il quale si aggira nello scenario maestoso del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. Una foresta umana, rappresentata da 131 Rumit – pari ai comuni lucani – , si mette in marcia il sabato precedente il Martedì Grasso, celebrando non solo un rito antichissimo, ma infondendo anche un attualissimo messaggio green (l’ispirazione è stata tratta dalla cineistallazione “Alberi” di Michelangelo Frammartino, esposta al MO.MA di New York). Fulcro del Carnevale di Satriano è la parata delle maschere, come “l’Orso”, la “Quaresima”. Oltre agli otto storici Carnevali facenti parte della “Rete di Carnevali e Maschere Antropologiche Lucane”, molto apprezzati anche la festa di Stigliano e di Pedali: il primo trova la sua espressione artistica e allegorica nella realizzazione di incredibili carri dalle strutture elaborate, che sfilano il Martedì Grasso e la domenica precedente, dove la maschera tipica è il “Pagliaccio”, mentre la domenica prima del Martedì Grasso è il giorno di punta per Pedali, nella parte nuova di Viggianello, con il processo al “Carnevale di Paglia”.
Per scoprire tutti gli eventi dedicati ai Carnevali lucani è possibile visitare il sito www.basilicataturistica.it
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