Mobilità, Ritorno al futuro: la sfida nei cieli, nome in codice orizzonte pulito

Mobilità, Ritorno al futuro: la sfida nei cieli, nome in codice orizzonte pulito
di Paolo Ricci Bitti
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 14 Ottobre 2020, 14:25 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 19:22

L’obiettivo - altissimo se si pensa alla drammaticità dell’attuale periodo per il trasporto aereo - è di decollare nel 2035, ma se si tardasse un anno non ci sarebbe nulla di male, anzi, si centrerebbe in pieno il centenario del primo motore a idrogeno per aerei, l’Heinkel He S1, anche se nella Germania dell’epoca la preoccupazione non era propriamente diretta a ridurre a zero l’inquinamento ambientale, come invece punta a fare Airbus. Il colosso franco-tedesco ha da poco presentato i progetti di una flotta di aerei civili a emissioni zero grazie a motori alimentati a idrogeno: nell’atmosfera rilascerebbero quindi solo vapore acqueo, mentre al momento spargiamo fra le nuvole anche biossido di carbonio, ossidi di azoto, monossido di carbonio e idrocarburi assortiti, dal metano ai particolati. E la Terra non gradisce.

LA CRISI PER IL COVID

Airbus intende cancellare tutte queste preistoriche tracce inquinanti ed è singolare che questa missione poggi in gran parte sull’uso dell’assai infiammabile idrogeno che sempre fra le due Guerre riempiva il corpo dei mastodontici dirigibili Zeppelin in grado di trasportare 52mila facoltosi passeggeri tra l’Europa e le Americhe prima di essere accantonati dalla storia per il disastro dell’Hindenburg nel 1937. Già, i passeggeri, i convitati di pietra nell’anno più nero di sempre per il trasporto civile: per l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) la pandemìa ha cancellato da 1 a 1,2 miliardi di viaggiatori, due/terzi, in altre parole, di quelli che adesso mancano alle compagnie aeree: una ventina di esse ha già portato i libri in tribunale nonostante i governi abbiamo iniettato nelle loro casse la montagna di 120 miliardi di dollari come non era mai accaduto. Ma effettivamente il baratro spalancato dal Covid è senza precedenti: in meno di 12 mesi sono stati bruciati 350 miliardi di ricavi con la crisi che ha travolto tutto il sistema, compreso l’indotto degli scali trasformati da miniere d’oro a fabbriche di cassintegrati (10mila solo in Italia). La McKinsey stima che fino al 2024 il traffico passeggeri non tornerà quello di prima, ma nel frattempo quante compagnie, una volta terminato il sostegno statale, saranno già precipitate senza appello? E che ne sarà della concorrenza che aveva permesso di abbassare i prezzi dei biglietti? Senza dimenticare che la Iata stima in 65 milioni coloro che nel mondo lavorano per il trasporto civile. In questo periodo ogni giorno decolla e atterra metà dei viaggiatori rispetto a un anno fa, pochissimi quelli sulle rotte intercontinentali, le più vantaggiose per le compagnie ora costrette a scegliere se mandare in aria pochi aerei semivuoti (rimettendoci, ma intascando un po’ di liquidità) oppure lasciarli a terra del tutto. Con i pochi viaggiatori che devono fare i conti con il caos internazionale dei controlli anti-Covid: ancora rare le innovazioni virtuose come quella del test obbligatorio introdotto dall’Alitalia sulla storica tratta Milano-Roma. Airbus, allora, in questo anno nero e zero per il trasporto aereo, ha preso il toro per le corna mostrando i rendering di tre velivoli a idrogeno a emissioni zero destinati a entrare in linea fra 15 anni. E’ vero: qualche aeroplano a idrogeno vola da qualche tempo, per esempio il Piper M350 dell’inglese ZeroAvia o il Boeing Phantom e l’elegante bifusoliera tedesco Hy4, ma si tratta di “pulci” rispetto all’apparecchio monoala (blended-wing body) da 200 posti e 8 motori turbofan che rappresenta il modello più avveniristico della squadriglia ZEROe di Airbus.

Poi c’è un velivolo più tradizionale che ricorda l’A321 da 120-200 posti con due motori turbofan e autonomia di 2mila miglia e infine l’ancor più familiare biturboprop da 100 posti e un raggio di azione di mille miglia che riecheggia parecchio la famiglia Atr, best seller (1.700 esemplari) realizzato ormai da 40 anni dalla joint venture paritetica fra Airbus e Leonardo.

La versione più recente, denominata Atr-600, ha anche una nuova configurazione cargo che proprio di recente ha effettuato il primo volo: è destinata a entrare in servizio con la società di trasporto merci americana, Fedex. Dall’azienda italiana, impegnata da tempo nei programmi pro-ambiente Clean Sky e Sesar, la casa franco-tedesca riceve inoltre componentistica strutturale importante per i progetti A321 e A220 realizzata negli stabilimenti di Nola e Foggia.

Guillaume Faury, 52 anni, francese, ad di Airbus, ne è certo: «Con questi progetti arriveremo nel 2035 ai primi grandi aerei per il trasporto civile a emissioni zero. Ma il passaggio ai motori a idrogeno richiederà investimenti da parte dell’intero comparto e il sostegno dei governi: insieme possiamo vincere la sfida per costruire velivoli pienamente rispettosi dell’ambiente e funzionanti grazie a energie rinnovabili». È una rivoluzione, come si vede, che non coinvolge solo i costruttori di aerei e di motori, ma tutto lo scenario delle infrastrutture dedicate al trasporto aereo. Come si fa, ad esempio, il pieno a un grande aereo a idrogeno?

VAPORE ACQUEO

Di fatto gli esperti, non solo quelli di Tolosa, sede principale di Airbus che a capo del determinante settore sviluppo e tecnologia schiera l’ingegnere aeronautico milanese Grazia Vittadini, ritengono che andrà usato l’idrogeno liquido (LH2), già impiegato per i missili lanciatori di satelliti. Il gas dovrà essere fortemente compresso e quindi liquefatto, ovvero tenuto a temperature bassissime (oltre i 250 gradi sottozero). E i serbatoi, assai più voluminosi, non potranno più alloggiati soprattutto nelle ali. La stessa Airbus ha ricordato che il carico utile dei nuovi aerei (insomma, i passeggeri) dovrà dividere per un terzo la carlinga con questi maxi-contenitori. Seduti a fianco di un serbatoio di idrogeno? Si può fare se in cambio ci lasceremo alle spalle, in cielo, solo una candida scia di vapore acqueo.

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IL TEST ANTI CO2

E per Boeing una miscela dai rifiuti dell'agricoltura

​Carrello di atterraggio più silenzioso, carburante più ecologico, volo più efficiente: questi i risultati dei test effettuati da l’ecoDemonstrator di Boeing 2020 su Etihad Boeing 787-10 Dreamliner anche su due voli transcontinentali. Per la ricerca acustica, svolta in collaborazione con la Nasa, sono stati posizionati più di 1.000 microfoni a terra e 214 sensori acustici collegati all’esterno. Grazie a carenature perforate che hanno coperto parte del carrello di atterraggio, il rumore è stato decisamente attenuato. Per quanto riguarda il carburante è stato usato utilizzato una miscela di carburante per aviazione sostenibile e tradizionale per ridurre le emissioni di CO2. La parte sostenibile è stata prodotta nella raffineria di World Energy vicino a Los Angeles da rifiuti agricoli non commestibili. Infine è stato testato un nuovo sistema Nasa che collega contemporaneamente piloti, controllori del traffico aereo e centri operativi delle compagnie aeree per ottimizzare il percorso del volo dell’aereo e l’orario di arrivo. 
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