Il lavoro, la sfida : si punta su green e digital per riagganciare l'Europa

Il lavoro, la sfida : si punta su green e digital per riagganciare l'Europa
di Giusy Franzese
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 16:48
Giovani e donne. Da sempre In Italia le fasce della popolazione più vulnerabili dal punto di vista dell’occupazione. Quelle che, anche in questa ultima devastante crisi dovuta alle conseguenza della pandemia da Covid, hanno pagato di più. Ma forse è arrivato il momento della svolta. È proprio su giovani e donne, infatti, che il governo pensa di agire per ridare slancio e, perché no, cambiare volto al mercato del lavoro. Sul tavolo ci sono i consistenti fondi in arrivo dai vari programmi europei varati per far fronte alla crisi, a partire dai 209 miliardi che spettano all’Italia dal Recovery Fund, fiumi di soldi che possono diventare una grande opportunità se bene impiegati. La sfida è enorme, perderla sarebbe devastante. Non si può certo andare avanti con misure come il Reddito di cittadinanza che, come in tanti avevano previsto, con gli attuali meccanismi del nostro mercato del lavoro si è rivelato pura assistenza (in base agli ultimi dati l’Anpal e i famosi navigator sono riusciti a trovare un’assunzione - e nemmeno è dato sapere di quale tipologia e durata - ad appena 196.000 beneficiari su una platea di oltre 2 milioni di persone). L’esplosione della pandemia non ha aiutato; ma è chiaro che lo strumento è inadeguato. E che per dare una scossa salutare bisogna provare strade diverse.


Invertire la tendenza

E anche in fretta, visto che in questo disgraziato anno, a causa del lockdown si sono già persi quasi 600 mila posti di lavoro. L’esercito dei disoccupati a luglio (ultimo dato disponibile) era salito al 9,7%. Tra i giovani il tasso è schizzato al 31,1%. A febbraio scorso, ovvero poco prima della crisi Covid, era quasi tre punti percentuali in meno (28,4%). Siamo a un livello monstre. Anche nel resto d’Europa i giovani sono stati i primi ad aver perso il lavoro (nell’eurozona la disoccupazione giovanile è passata dal 14,9% dell’era pre-Covid al 17%). E secondo una previsione del sito “Social Europe”, se non si interviene subito, l’impatto della recessione sui giovani europei potrebbe essere ancora più drammatico. Tre gli scenari previsti: il più ottimistico vede la disoccupazione media per gli under 25 nell’Ue arrivare al 25%. Otto punti in più rispetto ad ora. Tornando all’Italia gli ultimi dati sul mercato del lavoro indicano un inizio di recupero, ma le variabili sono così tante che è davvero difficile capire se si tratta di un fuoco di paglia o di una tendenza. Stando alle crisi aziendali che continuano ad aprirsi, le prospettive non sembrano rosee. Tra ammortizzatori sociali, blocco dei licenziamenti e indennizzi vari, il governo è riuscito a tenere bassa la tensione sociale. Ma già si intravede il rosso dei carboni ardenti, pronti ad alimentare il fuoco nel momento in cui tutte queste misure verranno meno.

I pilastri 

Nelle linee guida del piano che il governo intende presentare per accedere ai sostanziosi fondi europei, il lavoro è una delle priorità. L’obiettivo è aumentare il tasso di occupazione di 10 punti così da arrivare all’attuale media Ue, passando dal 63% al 73,2%. Il piano di investimenti nelle infrastrutture, e misure specifiche già varate per alcuni settori (l’edilizia con il super-ecobonus, ad esempio) sicuramente aiuteranno. Ma si punta soprattutto a cavalcare i settori emergenti, green e digitale in primo luogo. La formazione e l’incontro tra domanda e offerta, con politiche attive efficaci, diventano due pilastri fondamentali. Riuscire a superare il mismatching (il gap tra qualifiche offerte e quelle richieste dal mercato) sarebbe fondamentale. 
«In Italia oggi ci sono 150 mila posti di lavoro nel settore dell’information technology che sono vacanti perché non ci sono persone con le competenze per ricoprirli» ha denunciato al Forum Ambrosetti a Cernobbio l’ad di Microsoft Italia, Silvia Candiani. Ma anche settori più tradizionali del made in Italy, come il tessile e la moda, hanno difficoltà a trovare le competenze giuste sul mercato. Si pensa ad un maggior sostegno alla formazione, implementando i legami tra scuole di alta specializzazione, centri universitari e reti aziendali. Secondo gli economisti di M&M sarebbe importante dare incentivi alle imprese che fanno formazione con la defiscalizzare dei costi. Allo studio anche un rafforzamento e un prolungamento temporale degli sgravi contributivi per le assunzioni con contratti stabili o di apprendistato. Sul tavolo della ministra Catalfo ci sono poi alcune misure che potrebbero vedere la luce in tempi brevi: il salario minimo e la riduzione dell’orario di lavoro a stipendio invariato (da finanziarecon l‘ausilio dei fondi europei del programma anti-disoccupazione Sure) così da liberare spazi per nuove assunzioni. Ma tra le parti sociali restano enormi perplessità. I sindacati non vedono di buon occhio l’introduzione di un salario minimo per legge, temendo un ridimensionamento del loro ruolo. Le imprese osteggiano la proposta di un orario di lavoro ridotto. «Non è la strada giusta, come dimostra l’esperienza francese», ha commentato il leader di Confindustria, Carlo Bonomi.

Rompere i vecchi schemi  

C’è poi da trovare soluzioni per l’altro anello debole nel mercato del lavoro, le donne. Il tasso di occupazione femminile è fermo al 50% e resta ben 18 punti percentuali sotto quello degli uomini. Non è una questione di competenze e istruzione. O meglio: non è soltanto questo. Perché le donne italiane mediamente sono più istruite rispetto agli uomini. Le laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini, e il 64,5% delle donne ha in tasca un diploma contro il 59,8% degli uomini. Incide però la scelta del percorso di studi: le cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono diffuse al 37,3% tra gli uomini e solo al 16,2% tra le donne, che continuano a preferire le lauree umanistiche. Non aiuta, inoltre, l’ancora diffusa cultura maschilista che delega alle donne gran parte della cura di figli e casa. Lo smartworking purtroppo sembra addirittura aver acutizzato il fenomeno, che invece potrebbe essere attutito continuando sulla strada dell’offerta dei servizi alla persona, come i voucher per le baby sitter o più congedi ai padri. In questo contesto si inquadra l’assegno unico per i figli del family act. Tra le sfide del governo c’è anche quella di stimolare sempre più donne a fare le imprenditrici. A questo fine al Ministero dello sviluppo economico stanno mettendo a punto un nuovo strumento di sostegno all’imprenditoria femminile, più efficace di quello in vigore. Nel ventaglio delle misure per risollevare il mercato del lavoro c’è anche la riforma degli ammortizzatori sociali. Il progetto, ha spiegato la ministra Catalfo, «punta non solo a semplificare e ampliare l‘attuale impianto di protezione dei lavoratori, ma anche e soprattutto a renderlo un meccanismo attivo per lo sviluppo delle competenze, il rafforzamento dell’occupabilità e la crescita delle imprese»
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