Acqua alta, Covid, criminalità: la lunga e triste crisi di Venezia

Acqua alta, Covid, criminalità: la lunga e triste crisi di Venezia
di Angela Pederiva
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 09:11

VENEZIA - Com’è triste Venezia, nemmeno un anno dopo. Mancano ancora quaranta giorni all’anniversario del 12 novembre, ma il fantasma dell’Aqua Granda volteggia già attorno a piazza San Marco. Nelle pozzanghere che affiorano dai masegni, si riflettono i mosaici di marmo che sovrastano la facciata della basilica e le cascate d’oro che sgorgano dalle finestre del Correr, ma anche le serrande abbassate e i negozi sfitti fra le Procuratie Vecchie e Nuove, la snervante attesa dell’imminente picco di marea, le febbrili aspettative sul primo test del Mose, la stanchezza di una città che oltre alla crisi per l’acqua alta deve fronteggiare pure la recessione per il Covid, mentre le organizzazioni criminali provano (e a volte riescono) a riciclare qui i loro denari sporchi. 

LE CHIUSURE
Per arrivare a San Marco, bisogna infilarsi in una selva di cartelli che grondano mestizia: “Svendo tutto per cessata attività” in crosera San Pantalon; “Vendita straordinaria per chiusura attività” in calle del Fabbro; “Cedesi negozio per cessata attività: doppia vetrina, no food, 100.00 euro” in campo San Polo. Alla bottega di oggettistica che sta per svuotarsi, non è bastato traslitterare “fatto a mano” in “shougōng zhìzuò”: i cinesi non ci sono. Né i giapponesi e i coreani, nemmeno i russi e gli arabi, per non dire degli americani. 

Ha voglia l’uomo in maglia a righe, al ponte dell’Accademia, a chiedere a ripetizione: «Gondola, signori?». È semivuota calle larga XXII Marzo, malgrado Burberry e Moncler, Tod’s e Gucci, Chanel e Falconeri. E in salizzada San Moisè , fra Cartier e Balenciaga, Bulgari e Bottega Veneta, i turisti fotografano ma non comprano. Una famiglia svizzera sta spazzolando una sontuosa colazione al caffè Florian, mentre l’orchestrina suona “Senza fine”. E invece, due civici più in là, è ormai finita per la pelletteria Pagan, ultima in ordine di tempo a mollare insieme alla vetreria Venini in piazzetta dei Leoncini, che accorpa tutto a Murano ma «sta comunque valutando la possibilità di una nuova apertura su Venezia che possa portare avanti la tradizionale presenza del brand in città», come si legge sull’avviso in vetrina che l’anziano passante veneziano traduce con malcelata rassegnazione: «Insomma sèra anca questi». 

GLI AFFITTI
Non bastano le pennellate azzurre dell’imbianchino, sulla nuova insegna del negozio Palais Royal all’angolo dell’Ala Napoleonica, per raddrizzare una bilancia che comincia a pendere pericolosamente dalla parte delle serrate. Il bar Eden è chiuso, il locale accanto all’ex officina Bernardi è sfitto. Già, gli affitti: radiopiazza stima «fra 9.000 e 18.000 euro» la pigione mensile «per un arco», cioè per un fondo di 20-25 metri quadrati. È sufficiente che il tema venga lanciato su Facebook da Claudio Vernier del caffè Al Todaro, che presiede l’associazione della piazza, perché il dibattito si infiammi. Dal bancone della gioielleria San Marco, domanda Gianmaria Tiozzo: «Provi a sentire quanto chiedono di affitto le attività chiuse, magari le rispondono 10-15.000 euro al mese e magari anche da risistemare, quanto potrebbe pensare di resistere incassando zero»? Dall’altro fronte, ribatte Anna Brondino: «Qualcuno sa che per avere un’agibilità di un negozio servono lavori almeno per 50.000 euro? Qualcuno sa che per cambiare una caldaia a Venezia servono almeno 4.000 euro? Qualcuno sa che per rifare l’intonaco di uno stabile ci vogliono almeno 100.000 euro?». 

Su questo, meglio i privati del pubblico, dice il gioielliere Antonio Camali di Vesco: «Diversi proprietari si sono messi una mano sulla coscienza, riducendo e anche dimezzando i canoni. Ma il Demanio che qua attorno possiede 22 attività, cosa fa? Sento parlare dal 1996 di un progetto per mettere in sicurezza le Procuratie Vecchie, invece siamo ancora qua a sperare che le dighe mobili non si blocchino nel momento fatidico. Quando in un anno hai 127 giorni di acqua alta, come fai a non varare misure di defiscalizzazione per i commercianti colpiti? Venezia è una nobiltà decaduta, che non valorizza i suoi punti di forza, a cominciare dal Porto». Concorda il suo collega Setrak Tokatzian: «Eravamo già quasi morti prima dell’Aqua Granda e del Covid, quelli che ci ammazzano sono il turismo di massa, l’abusivismo, le baby gang. Lavoricchiano le attività di ristorazione, perché i tedeschi almeno mangiano e bevono. Però non comprano, come invece facevano gli americani, i russi e gli orientali. E ci sono negozianti che si sentono dire: “Devi pagarci l’affitto perché i vaporetti sono pieni”. Ma pieni di cosa, di turismo che fugge e magari neanche morde? Speriamo che dopo la massima di sabato comincino a circolare le foto non più di gente con gli stivali, ma della piazza salvata dalle dighe mobili».

 

La fuga dei negozi da San Marco, così le botteghe del lusso abbassano le serrande

VENEZIA - "Venezia che muore", cantava Francesco Guccini.

Venezia che boccheggia, si spoglia e vede fuggire dal salotto buono del mondo, Piazza San Marco, i grandi marchi che l'hanno resa ancor più celebre. Quelli per i quali, nemmeno tanti anni fa, i turisti alto-spendenti di tutto il mondo facevano follie.



GLI ALBERGHI
Sugli albanesi che si stanno comprando Venezia a colpi di alberghi, come ha segnalato Confcommercio, le conferme hanno la forma dei sorrisi: «Ce n’è uno che ha solo 35 anni e una villa-bunker da boss...», confidano all’ombra del campanile. Ma i tentativi di infiltrazione della criminalità, scovati dalla Guardia di finanza durante la pandemia, hanno la misura dei numeri: una cinquantina di partite Iva in città nei mesi del lockdown sono state aperte da persone legate alla malavita organizzata. 

Erano le settimane in cui, intanto, crollavano le presenze turistiche. Dopo che già l’Unione nazionale consumatori ha quantificato in un pesante -22,5% il calo dei prezzi subìto ad agosto dalle strutture ricettive di Venezia, seconda in Italia dietro Trapani, ora Federalberghi fa i conti dell’intera stagione: «Se partiamo dal mese di luglio, quando gli hotel hanno potuto aprire, allora siamo a fatturati sotto del 50% rispetto agli stessi 3 mesi del 2019; se invece includiamo maggio e giugno, la perdita sale al 70%, con un settembre addirittura in calo rispetto al mese di agosto».

 

Negozi e hotel, mezza Venezia in vendita. E gli albanesi se la stanno comprando

VENEZIA Stanno chiudendo e altri stanno comprando o, meglio, stanno cercando di comprare in un vortice che sta scombussolando il centro storico veneziano con folate di vento anche in terraferma.



I MANIFESTI
Così anche in questo settore gli annunci di vendita si moltiplicano sulle bacheche delle agenzie immobiliari. Uno fra i tanti: «Nei pressi di piazza San Marco vendesi immobile attrezzato e organizzato a b&b e locato con primaria gestione, reddito annuo 66.000 euro. Struttura accogliente e arredata in stile veneziano, curata in ogni dettaglio: 7 camere doppie e triple, con bagno privato, a 1.450.000 euro». Tra le altre affissioni, però, spiccano i manifesti del gruppo “We are here Venice”, una nuova campagna sul turismo sostenibile: «È dimostrato che il rischio di infezione a bordo della nave aumenta in proporzione al numero dei passeggeri». 

La locandina accanto è dedicata al cortometraggio “Venezia anno zero” di Andrea Morucchio, montato su 30 ore di riprese registrate fra il 17 marzo e il 17 maggio, quando la struggente bellezza della città vuota si era imposta sigli schiamazzi, sugli spritz, sui rifiuti e sulla paccottiglia. Insomma su quel genere di modernità a cui un anonimo writer, nel sestiere di Santa Croce, ha rivolto così il suo personale malaugurio: “Chissà che te vaga e ostreghe de traverso”. Come sa essere ironica, questa triste Venezia.

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