Chiara e il traghetto sul Piave: «Ho cominciato a lavorare a 11 anni»

Chiara Truccolo con l'amica nel traghetto
di Pio Dal Cin
3 Minuti di Lettura
Martedì 2 Marzo 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:57

Chiara Truccolo non ha mai imparato a nuotare nella sua vita. Eppure quando aveva 11 anni, era il 1945, assieme alla sua migliore amica Dilva Gaiotto si è rimboccata le mani inventandosi un’attività che allora le permetteva di aiutare il magro bilancio familiare. Traghettare persone sul Piave. La guerra era appena finita e chi, a piedi, in bicicletta o con qualche rara motocicletta voleva attraversare il fiume Sacro alla Patria, salendo nella loro barca poteva in pochi minuti trovarsi sull’altra riva, risparmiando un lungo giro a monte fino a Susegana o a valle a Ponte di Piave.


L’IDEA VINCENTE
«Mi alzavo alle 5.30 e cominciavo a traghettare verso le 6 o quando faceva chiaro, a seconda della stagione - ricorda la grintosa signora che da poco ha compiuto 86 primavere - Eravamo sempre in due a governare il traghetto che portava dalle quattro alle cinque persone per volta. Per raggiungere l’altra sponda occorrevano circa cinque minuti se “La Piave” non era in piena; altrimenti ci volevano dieci, quindici minuti». 
Il barcone veniva spinto dalle due adolescenti con un lungo bastone che sulla sommità aveva un peso che serviva a farlo arrivare subito sul fondale ghiaioso, poi a forza di braccia veniva spinto dalle ragazze fino all’altra riva. «Il passaggio costava dalle 5 alle 25 lire a seconda di quanto impetuoso fosse il fiume - continua Chiara - Riuscivo a guadagnare dalle 50 alle 100 lire al giorno; una piccola fortuna considerando che avevo solo 11 anni. A quei tempi con cento lire riuscivo a fare una bella spesa al “casoin”: sale, zucchero, olio.

Ho sostenuto così la mia famiglia».


IL RICORDO PIÙ BELLO
Il papà di Chiara era stato chiamato alle armi nel 1940 assieme al fratello Costante. «Dello zio non abbiamo mai più saputo nulla. Disperso in Russia - spiega Chiara - Il più bel giorno della mia vita è stato quando sono andata a prendere papà al di là del Piave. Un suo camerata era arrivato nel cuore della notte bussando alla porta di casa per avvertirci che papà era a Carbonera e stava arrivando a piedi. Ci siamo alzati tutti per corrergli incontro all’alba. Chi con la bicicletta chi con il cavallo. Io ho attraversato La Piave e sono arrivata prima di tutti. Quando papà mi ha visto è scoppiato in un pianto dirotto. Sono saltata giù dalla barca e l’ho stretto forte, anch’io in lacrime. “Cosa fai?” Mi ha chiesto riferendosi alla barca. Gli ho raccontato tutto e poi via, a casa con gli occhi gonfi. Era il mio eroe che tornava dalla guerra...». 


Chiara ha smesso la sua attività di traghettatrice nel 1954 quando ha sposato Antonio Menegaldo, un estrattore di ghiaia del Piave, un “carioto”. «Li chiamavamo così perché estraevano la ghiaia dal Piave per portarla nei cantieri con un carretto». Dopo il matrimonio si è inventata un’altra attività, quella di tessere vimini per “vestire” le damigiane, come si usava allora.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA