Cercasi cuoco disperatamente. «Ma con lo stesso stipendio si può lavorare in fabbrica, e fare sabati e domeniche a casa»

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di El.Fi.
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Giovedì 17 Marzo 2022, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 09:07

VALDOBBIADENE - Cercasi cuoco disperatamente. I ristoranti si contendono i pochi professionisti, le scuole sono piene di offerte di lavoro che non riescono ad evadere. I professori stessi propongono gli studenti migliori o si fanno collettori di richieste da tutte le regioni d'Italia. Ma la verità è esposta nero su bianco sulla bacheca social di Marco Pesce, docente alla scuola di ristorazione Dieffe di Valdobbiadene. Quindi le offerte di lavoro nell'ultima decina di giorni: dall'Isola d'Elba a Bassano, da Asiago al Trentino, oltre alla provincia di Treviso. Le mansioni sono diverse e non tutte sono affrontabili da un diplomato appena uscito dalla scuola. Ma resta il tema principale: la mancanza di personale nel settore della ristorazione. Resa ancor più drammatica dalla pandemia. Ponendo la questione dall'altro lato, quello dei ristoranti, la percezione cambia un po'. «Ci sono diverse ragioni per la penuria di professionisti- spiega Marco Bortolini figlio di Gigetto e attuale primo chef - anzitutto la scuola ti dà le basi, è poi il lavoro a ricoprire il ruolo dell'Università, e bisogna scegliere il posto giusto. Poi oggi i margini sono risicati: con lo stesso stipendio si può lavorare in fabbrica e si hanno sabati e domeniche libere. In molti si chiedono perché affannarsi in cucina».


LA STORIA

Marco, che oggi è primo chef, racconta la sua esperienza. «Dei venti compagni di classe in quattro abbiamo fatto questo mestiere sul serio. E la maggior parte aveva già, come me, attività di famiglia». Il motivo della dispersione è che il lavoro chiede molto e non paga altrettanto. «C'è poi un'abitudine che secondo non aiuta: quella di fare le estati nelle località balneari.

Lì certo si guadagna subito ma non si viene formati a dovere perché spesso la ristorazione è easy: paste precotte, sughi già fatti. Dopo un po' di anni così, quando si è già sui 23, 24 anni si fa fatica a ripartire, perché magari non tutte le potenzialità sono state esplorate e si guadagna di più in fabbrica che in un ristorante di altro livello. E' il motivo per cui tanti scelgono un altro lavoro: ferie, sabati e domeniche, feste comandate a casa». Questo motiva la forte penuria di personale. «Oggi se si entra nelle cucine delle città turistiche o della costa romagnola i cuochi sono tutti indiani o cingalesi- riprende Marco- costano senza dubbio meno. La responsabilità di questa situazione è sia dei ristoratori, sia degli studenti che partono magari sulla scia dei talent alla Masterchef e poi, nel momento in cui si confrontano con la fatica del lavoro, arretrano». Così, nella disperazione, si sviluppa la caccia al profilo giusto.


L'AIUTO

«Noi colleghi trevigiani siamo tutti amici e quindi cerchiamo di darci una mano, passandoci nominativi validi. La concorrenza arriva molto dal Trentino, avevo due ragazzini proprio bravi, ma hanno avuto la possibilità di un contratto a tempo indeterminato e sono rimasti là. Poi mi era arrivato un elemento proprio di valore, speravo restasse con me, ma ha avuto un'occasione a Firenze da Pinchiorri e capisco benissimo che voglia arricchire il suo curriculum. Uno ho addirittura cercato di reclutarlo in palestra» sorride. Il percepito è che la domanda sia altissima e che Trentino e Alto Adige erodano una fetta importante. «C'era un altro ragazzo, ma credevo di aver sistemato e l'ho passato al Cipriani. Insomma nel giro di una settimana i miei quattro contatti si sono bruciati» prosegue Bortolini. Il vivaio delle scuole però funziona. «Posso solo dire bene del Dieffe di Valdobbiadene e del Lepido Rocco id Treviso-conclude lo chef di Gigetto- mi hanno mandato sempre ragazzi preparati. Certo, il resto lo fa il carattere. E la consapevolezza che dopo la scuola dell'obbligo è vietato sentirsi arrivati».

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