Passa la linea dura: ultimatum a medici e operatori "no vax" della Marca

Treviso è la terza provincia del Veneto, dopo Padova e Verona, per numero di personale sanitario che non si è ancora sottoposto al vaccino anti-Covid
di Mauro Favaro
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Giovedì 29 Luglio 2021, 05:00

TREVISO - Adesso c’è una scadenza certa. Se i 186 operatori della sanità no-vax del Trevigiano non si sottoporranno all’iniezione anti-Covid entro l’8 agosto, cioè entro la fine della settimana prossima, dal giorno seguente saranno ufficialmente sospesi, restando a casa da ospedali, case di riposo, cliniche private e così via. E senza stipendio, almeno fino alla fine di quest’anno.

Fugati gli ultimi dubbi, l’Usl della Marca ha deciso di procedere con la linea dura. E non è che l’inizio. Nella lista dei primi 186 che non hanno ancora risposto all’obbligo vaccinale senza un fondato motivo di salute, come confermato dalle verifiche condotte dalla commissione ad hoc istituita dall’azienda sanitaria, ci sono 60 medici (compresi tre dottori di base), 30 infermieri, 30 psicologi e oltre 20 farmacisti, più oss, fisioterapisti e altre professioni sanitarie. Una trentina sono dipendenti diretti dell’Usl trevigiana. Il resto lavora in strutture private o in libera professione. «Venerdì il servizio Igiene e sanità pubblica invierà le diffide – spiega Francesco Benazzi, direttore generale dell’azienda sanitaria – il personale che non si è ancora vaccinato senza un valido motivo ha la possibilità di sottoporsi all’iniezione anti-Covid entro l’8 agosto: abbiamo riservato dei posti dedicati nei nostri centri vaccinali».

Cosa succederà a chi non lo farà? «A quel punto verrà sospeso – sottolinea il direttore – sulla carta ci sarebbe la possibilità di impegnarlo in settori non a contatto con il pubblico. Ma francamente nel mondo della sanità non vedo grossi margini per soluzioni del genere».

IL CONFRONTO

Anche perché questi 186 non sono che i primi a finire negli elenchi del personale sanitario no-vax, per il quale è prevista la sospensione del lavoro. La Marca è la terza provincia del Veneto per numero di operatori non vaccinati, dopo Padova e Verona. All’inizio della settimana scorsa ne mancavano complessivamente all’appello ancora 3.507. Tra questi, 383 medici, 840 infermieri, 76 oss, 48 ostetriche, 230 farmacisti, 62 biologi, 395 tecnici, 284 psicologi, 76 assistenti odontoiatrici e 45 veterinari. Nel conto totale, va specificato, ci sono anche le persone che non possono vaccinarsi per motivi di salute o che stanno aspettando dopo il contagio da coronavirus. Certo, però, non tutti sono in tali situazioni. «La commissione sta continuando a lavorare, valutando tutti i certificati spediti dai diretti interessati – dice Benazzi – mi auguro che buona parte di loro si sia solo dimenticata di vaccinarsi: confido nella buona fede della gente».

LE SCOPERTURE

Il problema è che se alla fine il numero di sospensioni dovesse progressivamente salire, si potrebbe addirittura arrivare a rischiare il blocco di servizi essenziali negli ospedali e nelle case di riposo, dove il personale già scarseggia, proprio a causa delle troppe assenze. L’Usl inizialmente aveva pensato di coprire eventuali buchi negli organici chiedendo ad altri di fare gli straordinari e bloccando le ferie. I sindacati, però, sono saliti subito sulle barricate. Ecco perché nei giorni scorsi l’azienda sanitaria aveva sondato il terreno con gli stessi sindacati paventando la possibilità di mantenere in servizio il personale non ancora vaccinato sottoponendolo però a tampone ogni 48 ore (opzione prevista per l’ottenimento del Green pass) e bardandolo con il massimo dei dispositivi di protezione. Questo, però, aveva fatto insorgere l’Ordine dei medici, l’Ordine degli infermieri e tutti gli Ordini delle professioni sanitarie: «Chi non ha rispettato l’obbligo di vaccinarsi contro il coronavirus deve essere sospeso». Ora si procede.

IL COMMENTO

«Ad oggi l’eventuale sospensione dei 186 operatori della sanità che riceveranno la diffida non creerebbe difficoltà dal punto di vista organizzativo – conclude Benazzi – non si può sapere se questo accadrà in futuro. Nel caso, faremo le nostre considerazioni». Di certo, una volta adottata la linea dura sarà difficile poi poter cambiare strada. Intanto non si esclude nulla, nemmeno la possibilità di accorpare alcuni reparti, dove possibile, e di richiamare in servizio il personale che è andato in pensione da poco.

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