Guariscono all'estero dal Covid, odissea per il Green pass: «In Italia quel documento non vale»

Guariscono all'estero dal Covid, odissea per il Green pass: «In Italia quel documento non vale»
di Laura Bon
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Domenica 9 Gennaio 2022, 15:45 - Ultimo aggiornamento: 15:46

MONTEBELLUNA - Guariscono dal Covid all'estero, ma rientrati in Italia non riescono ad ottenere il Green pass. È una vicenda incredibile quella che stanno vivendo, in questi giorni, il Montebellunese M.S. e la sua famiglia, composta dalla moglie, di nazionalità britannica ma residente in Italia da diciotto anni, e dalle due figlie di 12 e 13 anni. Da un viaggio in Inghilterra, organizzato per far visita alla famiglia di lei, e da un contagio avvenuto per la mamma e la figlia maggiore mentre si trovavano nel Regno Unito è nata infatti una complicazione inimmaginabile alla vigilia. Di fronte alla quale il Montebellunese chiede aiuto. «La mia famiglia si trova in una situazione paradossale - racconta -. Durante le feste di Natale, io, mia moglie e le nostre due figlie (tutti vaccinati con due dosi) ci siamo recati nel Regno Unito a visitare la famiglia di mia moglie». Un viaggio che la famiglia attendeva da due anni e che ha effettuato spinta dal desiderio di rivedere i parenti di lei. «Siamo arrivati nel Regno Unito il 23 dicembre e abbiamo preso alloggio, in dodici, in due cottage di uno stesso resort - spiega - non prima di aver effettuato tutti, tranne i più piccolini, un tampone: sia noi che la famiglia di mia moglie. Eravamo tutti negativi. La situazione là non è neppure lontanamente paragonabile a quella italiana: nessuno usa la mascherina, nessuno fa controlli, né i tamponi vengono prescritti automaticamente dalle Usl. Ognuno si arrangia».


TAMPONI POSITIVI

La brutta sorpresa è arrivata il 27 dicembre, quando la famiglia si è preparata per il rientro in Italia. «Abbiamo fatto un tampone: mia moglie e nostra figlia maggiore, che pensiamo possano essere state contagiate dai parenti più piccolini, unici senza tampone, sono risultate positive e sono dovute rimanere in quarantena nel Regno Unito nel rispetto delle linee guida nazionali.

Io e mia figlia minore invece essendo negativi siamo rientrati in Italia. Avevamo valutato l'ipotesi di rimanere là, ma abbiamo preferito prendere l'aereo pensando che, se in un secondo momento ci fossimo positivizzati, come effettivamente è accaduto, saremmo rimasti bloccati ancor più a lungo». Terminata la quarantena, anche moglie e figlia sono potute rientrare. Ma a questo punto è cominciata la seconda parte dell'odissea.


L'IMPASSE

«Il problema - spiega - sorge ora per il riconoscimento della quarantena e avvenuta guarigione al di fuori dell'Unione europea. Nel caso di mia moglie e mia figlia, si sono ammalate e sono guarite all'estero, ma per il governo italiano non risultano tali (anche potendo dimostrarlo con i certificati dei tamponi di inizio e fine quarantena fatti nel Regno Unito)». Il problema è che, con le nuove regole, dal primo febbraio, a mia moglie servirebbe la terza dose per poter avere il Super green pass. «Non può però farla - continua - dato che sarebbe pericoloso somministrarla entro i 150 giorni dalla guarigione. Quindi, se questa non sarà certificata, non potrà esserle esteso il Green pass, che dopo il primo febbraio sarà scaduto, almeno fino a fine maggio». Di qui la ricerca di una soluzione. «Abbiamo provato a contattare chiunque - prosegue - tutti i numeri verdi, perfino la Farnesina, ma tutti risultano occupati tutto il giorno e chi risponde non ha nessuna informazione». Insomma, una situazione incredibile, di fronte alla quale S. precisa di non voler assolutamente far denunce o polemiche, ma solamente aver aiuto. E sembra che questo possa arrivare. L'Usl, infatti, interpellata dal Gazzettino, si è resa disponibile a risolvere la questione attraverso gli uffici preposti.

 

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