TREVISO - Sono ricoverati in ospedale, attaccati all’ossigeno per contrastare gli effetti dell’infezione da coronavirus sui polmoni. Nonostante questo, però, non si fidano dei medici che stanno tentando di salvare loro la vita. Tanto che hanno fatto recapitare all’Usl una lettera firmata dai loro avvocati nella quale si intima ai camici bianchi di seguire terapie improbabili, non condivise dalla comunità scientifica. Si tratta di vere e proprie diffide. Sono due i pazienti attualmente ricoverati nei reparti Covid del trevigiano che hanno seguito questa strada. Ma l’azienda sanitaria non ci sta e ha a sua volta messo in moto il proprio ufficio legale. «Quando si viene in ospedale ci si affida ai medici dell’ospedale, che curano in scienza e coscienza -mette in chiaro Francesco Benazzi, direttore generale dell’Usl della Marca- Veronesi diceva che la scienza cura la malattia e il medico cura la persona. I pazienti possono sempre rifiutare i trattamenti. Ma non è possibile chiedere ai medici di seguire terapie strampalate indicate da pseudo-dottori. Se non si è d’accordo, si sta a casa. Oppure si va a farsi curare direttamente da questi pseudo-dottori». Non sono possibili alternative. In modo particolare quelle che non hanno alcun fondamento.
LE RICHIESTE
Le terapie indicate nelle lettere degli avvocati, infatti, prevedono che i pazienti assumano un po’ di tutto.
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LE MINACCE
Tanto più che nelle lettere degli avvocati non vengono citati nomi di dottori. Si fa un generico riferimento a medici di fiducia dei pazienti rappresentanti. E le missive in questione sono tutt’altro che accomodanti. Non si tratta di suggerimenti, che comunque sarebbero fuori luogo, in particolare se avanzati con un sistema del genere. Il messaggio che emerge è che se in ospedale non venisse seguita la terapia indicata poi si aprirebbero le porte per maxi-richieste di risarcimento danni. Soprattutto se qualcosa dovesse andare storto. Non solo. Alcuni pazienti negazionisti contagiati dal Covid, come confermano dalla stessa azienda sanitaria, hanno già rifiutato il ricovero in ospedale. Tranne poi rivolgersi al pronto soccorso d’urgenza quando ormai non riuscivano più a respirare. «A quel punto sono stati trasferiti direttamente in Terapia intensiva» allarga le braccia Benazzi. A volte hanno rischiato di arrivare al punto di non ritorno. E purtroppo non è nemmeno possibile escludere che qualcuno l’abbia superato.