Medico con il Covid al lavoro in casa di riposo: «Non ho mai fatto visite da positivo»

Ivan Da Ros il medico di Fregona al centro del caso
di Paolo Calia
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Sabato 3 Aprile 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 16:07

FREGONA - «Non sono mai andato al lavoro da positivo». Si difende Ivan Da Ros, il medico di famiglia di Fregona denunciato in Procura dall’Usl 2, oltre che segnalato all’Ordine dei Medici, perché avrebbe visitato i pazienti della casa di riposo “Casa Amica” sapendo di non essere vaccinato e di essere positivo al Covid. Un’accusa durissima, che il medico però respinge al mittente con toni altrettanto fermi. E all’orizzonte si profila una battaglia legale dai risvolti imprevedibili. 


L’ACCUSA
«Quel medico - precisa Francesco Benazzi, direttore generale dell’Usl 2 - è convenzionato con la casa di riposo dal 1985.

Il 15 marzo è andato al lavoro pur accusando dei sintomi febbrili. Il 16 ha continuato a prestare servizio nella struttura e poi a lavorare nel suo ambulatorio nel pomeriggio, sapendo di essere risultato positivo al tampone. È stato in casa di riposo dalle 8,30 alle 12,40 e poi dalle 15,30 al 18 in ambulatorio». A informare i vertici dell’azienda della sua positività è stata la responsabile per le cure primarie della zona: «Quando ci è arrivata la notizia, abbiamo subito provveduto a segnalare la cosa in Procura e all’Ordine dei Medici - sottolinea Benazzi - e adesso puntiamo a un provvedimento di sospensione dal lavoro sia per la mancata osservanza del periodo di quarantena, sia per non aver fatto il vaccino. Una cosa inaccettabile. Se uno vuole fare il medico, deve vaccinarsi. Direi che è un dovere deontologico. E poi c’è una questione etica: non puoi mettere a rischio la salute di persone fragili come gli anziani. Bisogna avere rispetto. L’unica cosa buona è che gli ospiti della casa di riposo erano stati vaccinati, quindi i danni sono stati molto limitati».


LA DIFESA
La versione di Da Ros è di tenore ben diverso. Il medico ribadisce: «Non sono andato a fare le visite da positivo», poi affida la sua ricostruzione all’avvocato Barnaba Battistella. «I fatti sono andati in modo molto differente da quanto è stato detto - precisa il legale - tutto parte da venerdì 12 quando il medico si vede in ambulatorio con la segretaria: stanno lui nel suo ambulatorio e lei nella sua postazione. Non hanno alcun tipo di contatto, rispettano distanze e uso delle mascherine. La domenica però la stessa segretaria lo contatta dicendo di essere positiva. Lui, pur totalmente asintomatico, lunedì 15 si fa il tampone antigenico anche se non obbligato. E risulta negativo. E non aveva la febbre». Il martedì seguente, il 16, Da Ros deve andare in casa riposo: «Forte del tampone negativo fa due visite, che si risolvono in un contatto molto veloce al capezzale di due anziani con guanti e mascherine indossate. Poi, per scrupolo, fa un altro tampone antigenico, che risulta positivo. Non lo ritiene possibile. Dopo una mezz’ora, lo rifa e risulta negativo. Nel pomeriggio va nel suo ambulatorio dove però non riceve nessuno, ma disbriga solo delle ricette». Il giorno seguente Da Ros, ancora asintomatico, vuole però togliersi ogni dubbio e si sottopone al tampone molecolare e risulta positivo: «A quel punto si mette in auto-isolamento», conclude l’avvocato.


LA SEGNALAZIONE
«Quel mercoledì segnala la sua posizione alla responsabile di zona, che però non lo fa nemmeno parlare. Lo rimprovera solo di non essersi messo in isolamento subito, non vuole sentire alcuna ragione. Molto probabilmente la segnalazione all’Usl nasce da lì. È vero che non ha fatto il vaccino, ma non è un no-vax. Appena sarà possibile, lo farà senza esitazione». Resta però la denuncia in Procura: «A oggi nessuno ha contattato il medico, che è ancora in isolamento. Non gli è arrivata alcuna comunicazione ufficiale e nemmeno una censura. Restiamo in attesa».

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