Batterio killer, i pericoli in ospedale erano noti da anni

Batterio killer, i pericoli in ospedale erano noti da anni
di Alda Vanzan
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Giovedì 22 Novembre 2018, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 09:11

VENEZIA - Batterio killer: già due mesi fa il ministero della Salute sapeva - o quantomeno sospettava - che i macchinari ritenuti responsabili dell'infezione da Mycobacterium chimaera - prodotti dalla LivaNova, precedentemente Sorin - erano infetti sin dal luogo di produzione. E cioè in fabbrica. Testuale: Il sito di produzione in Germania di tali dispositivi è stato indicato come probabile luogo di infezione. Eppure, sebbene l'avesse espressamente scritto in una lettera indirizzata agli assessori regionali, il ministero non ha fatto ritirare i macchinari sotto accusa, limitandosi a chiedere un'analisi retrospettiva dei dati a partire dal 2010.

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L'altro aspetto singolare di questa vicenda è che solo il Veneto e adesso anche l'Emilia Romagna hanno diffuso i numeri dei  pazienti morti o infetti, anche se i macchinari in questione si trovano in quasi tutte le cardiochirurgie italiane, sia pubbliche che private. E qui si inserisce l'ultima novità della vicenda, appresa ieri da fonti regionali: uno dei quattro morti di Vicenza era stato operato in una clinica privata a Milano.

I DATI
In Veneto sono stati contati 6 morti e 18 infetti (che rischiano di essere ben di più) da Mycobacterium chimaera. Questo batterio, che si trasmette per via aerea, si anniderebbe nella vaschetta dell'acqua dei dispositivi necessari a regolare la temperatura del sangue in circolazione extra corporea durante interventi cardiochirurgici. Dalla vaschetta dell'acqua questo batterio - che è cugino della tubercolosi e quindi insensibile agli antibiotici - si diffonderebbe nell'aria, rischiando di infettare le persone che si trovano in quel luogo. Dove? In sala operatoria cardiochirurgica. E qui va fatta una precisazione. In Veneto le cardiochirurgie sono tutte pubbliche e le uniche dove non si sono verificati casi di infezione sono quella di Verona e quella di Mestre. Perché? Verona è l'unica che non ha comprato il macchinario dai tedeschi della LivaNova/Sorin, bensì da un'azienda giapponese. Venezia, invece, ha posizionato la macchina della LivaNova/Sorin fuori dalla sala operatoria. Quanto costano questi macchinari? Circa 300mila euro l'uno. Sta di fatto che la cardiochirurgia di Vicenza, che ha l'incidenza più alta di vittime, se ne è sbarazzata l'anno scorso.

IL PRIMO AVVISO
Nel novembre 2016 LivaNova già Sorin avvisa le Ulss di tutta Italia del rischio di infezioni emanando un avviso di sicurezza e raccomandazioni. In Veneto la Direzione Sanità guidata da Domenico Mantoan costituisce un gruppo di lavoro per elaborare le prime linee guida in Italia per cercare di arginare la circolazione del batterio. Va detto che il batterio killer non manifesta i suoi effetti immediatamente. Possono passare anche due, tre anni dal contagio. Se non esiste una terapia stabilita, è certo invece il tasso di mortalità: circa il 50%.

Due mesi fa si muove il ministero della salute. Nella lettera inviata a tutti gli assessori regionali, la Direzione generale della Prevenzione sanitaria del ministero dice che attualmente l'entità dell'epidemia globale non è nota con esattezza. Dice, però, che la contaminazione associata agli HCD Luva Nova Stockert 3T spiega la gran parte dei casi. Di più: il ministero ritiene che l'infezione sia ab origine, già in fabbrica. Ma gli uffici del dicastero retto dalla pentastellata Giulia Grillo non ravvedono la necessità di far ritirare i macchinari. Gli uffici ministeriali chiedono alle Regioni un'analisi retrospettiva dei dati a partire dal 2010.

Poco dopo, il 30 ottobre 2018, a scrivere ai medici - cardiochirurghi, perfusionisti, tecnici/ingegneri biomedici - è la LivaNova. Oggetto della missiva: Fornire istruzioni aggiornate per il monitoraggio e la regolazione della concentrazione di perossido di idrogeno nel circuito idraulico al fine di limitare la crescita microbica. Detta in soldoni, l'azienda produttrice dei macchinari ritenuti responsabili dell'infezione, invita i medici a disinfettare con acqua ossigenata le vaschette dei macchinari stessi per evitare che crescano microorganismi. Il vicepresidente della LivaNova, Joan Ceasar, conclude la lettera così: «Ci scusiamo per gli eventuali disagi che questa situazione può aver causato».

Nel frattempo in Veneto c'è la vittima di Vicenza, il direttore della Sanità Mantoan integra la commissione tecnica che si sta occupando del caso (la relazione conclusiva è attesa per lunedì) e si lavora sull'analisi retrospettiva chiesta a Roma. Si registrano due morti anche in Emilia Romagna, ma il Salus Hospital, l'ospedale chiamato in causa, dice che «il presunto legame fra alcuni dei decessi e le infezioni tramite il macchinario di riscaldamento extracorporeo è attualmente ancora in fase di valutazione».

CARTE BOLLATE
Adesso c'è da capire cosa farà il ministero: ordinerà il ritiro dei macchinari? Oppure ogni Ulss, come ha fatto Vicenza, o ciascuna Regione deciderà da sè? La situazione ha molte analogie con quella delle valvole killer e c'è chi non esclude che si arrivi alle carte bollate. A chiedere che venga fatta chiarezza è intanto il governatore del Veneto: «La nostra preoccupazione è di mettere in sicurezza la vita e la salute dei cittadini - ha detto Luca Zaia - Bisogna fare chiarezza fino in fondo e se ci sono responsabilità chi le ha deve pagare. Abbiamo nominato persone qualificate che ci spieghino la situazione. Procederemo in base alle indicazioni che ci daranno loro, ci sono fior di professionisti che ci stanno lavorando».

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