«Da giorni in fila per passare il confine: ci sono 40 km di coda. Donne e bimbi scappano a piedi»

Salvatore Zagato
di Roberta Merlin
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Domenica 27 Febbraio 2022, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 17:24

ROVIGO - «Sono in fila da tre giorni in attesa di varcare il confine con la Polonia. Le auto procedono a passo d'uomo: c'è una coda di circa 40 chilometri. L'esercito ucraino ha ristretto la carreggiata per effettuare i controlli: chi ha tra i 18 e i 60 anni non può lasciare il Paese, deve restare e combattere. Attorno a me anziani, donne e bambini scappano a piedi trascinando le valigie. Gli uomini li accompagnano vicino alla frontiera e poi tornano indietro per difendere la propria terra». È il racconto del polesano Salvatore Zagato, 68 anni, ex vigile del fuoco, da sei anni residente a Vinnycja, nel cuore dell'Ucraina, anche lui, in queste ore, in fuga per scappare dalla guerra. C'è chi prega, chi telefona ai propri cari rimasti nelle città sotto assedio. I bambini camminano spediti verso il confine, chi con una bambola in mano, chi con lo zainetto di scuola in spalla. Una situazione drammatica e surreale». «Sono riuscito ad arrivare al confine con la Polonia, ma non riusciamo a raggiungerlo - racconta al telefono - il carburante sta scarseggiando, molte auto sono state abbandonate lungo il tragitto. Anch'io sono preoccupato, spero di farcela».


LA VILLETTA

Zagato, ex vigile del fuoco in pensione, originario di Adria (Rovigo) da sei anni viveva in Ucraina assieme alla moglie Oksana.

Fino a qualche giorno fa pensava di restare nel Paese che ormai era diventato la sua casa. Una villetta restaurata per godersi il riposo a Vinnycja, sulle rive del fiume Buh Meridionale al centro dell'Ucraina, dopo avere trascorso buona parte della vita nei vigili del fuoco come sommozzatore ed esperto disinnescatone di ordigni bellici. «Ogni volta che disinnescavo una bomba, mi chiedevo quanta morte e devastazione avesse causato durante le guerra - racconta - ora, ironia della sorte, sto cercando di mettermi in salvo dai bombardamenti». La vita di Salvatore e della moglie, fino a pochi giorni fa, scorreva senza tante preoccupazioni perché, spiega il 68enne, «in Italia con la pensione si fa la fame, qui il costo di utenze e generi alimentari è basso. La benzina, per esempio, costa un euro al litro». Giovedì, invece, i russi hanno bombardato un deposito di armi a pochi chilometri da casa sua: le sirene nel cuore della notte, il frastuono assordante delle bombe, le prime notizie di civili morti. La guerra, quella che leggi nei libri di storia, a pochi metri dalla porta di casa. «Nessuno si aspettava che i russi andassero oltre al Donbass - prosegue - fino a giovedì non pensavo proprio ad abbandonare l'Ucraina. Poi il nostro vicino è sparito. È stato chiamato alle armi. Alla tv abbiamo visto che è caduta una bomba in un asilo, si temeva per la vita dei bambini: sono morte due maestre. Sono stati bombardati un ospedale, condomini e tante abitazioni. La tv non ne parla, ma di civili ne sono morti eccome. Innocenti che erano in casa con la famiglia, sono finiti sotto le macerie delle esplosioni. Troppo pericoloso restare. Abbiamo caricato l'auto con vestiti e provviste e ci siamo messi subito viaggio».

GLI ITALIANI

Nella casa, però, «è rimasta mia suocera: lei non se l'è sentita di abbandonare l'Ucraina. Si è chiusa in casa con l'allarme. Anche una decina di italiani sono rimasti per difendere le loro attività commerciali, pizzerie e bar». Con l'abbandono delle case, infatti, c'è anche l'ombra dello sciacallaggio. «Noi vogliamo tornare in Ucraina, la nostra vita è là, abbiamo più nulla in Italia. Chi ora scappa lo fa con speranza di fare ritorno, ma non certo sotto i russi».

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