La donna del Po: le paillettes e un vestito viola, unico indizio sul corpo della 30enne mutilata

La donna del Po: le paillettes e un vestito viola, unico indizio sul corpo della 30enne mutilata
di Marina Lucchin
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Giovedì 7 Aprile 2022, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 17:20

OCCHIOBELLO (ROVIGO)  - Un vestito viola e blu che una volta luccicava di paillettes. Della vita di quella giovane trentenne, spogliata, decapitata e chiusa in un borsone da calcio nero e poi gettato nel Po, non restano che i brandelli di un abito che spuntavano dall'angolo strappato del valigione di plastica e tessuto sintetico ritrovato da un operaio dell'Aipo sulla sponda melmosa. Dalle acque del Grande Fiume emerge il macabro enigma: chi è la donna brutalmente assassinata, il cui corpo è riemerso solo grazie a quest'eccezionale annata di secca? Il borsone è rimasto incastrato nelle grosse pietre poste dopo l'alluvione del 1951, quando il Po, da millenni fonte di vita della fertile pianura che porta il suo nome, diventò dispensatore di morte. Quelle pietre sono una sorta di dighe subacquee, che servono a rallentare la corrente così da abbassare la pressione sull'ansa di Malcantone, a Occhiobello, dove avvenne la rotta del Polesine 70 anni fa. Se la siccità non avesse abbassato il livello dell'acqua, forse non sarebbe mai stato ritrovato quel corpo, preservato dalla voracità dei pesci di fiume grazie proprio alla valigia che lo conteneva. A memoria d'uomo non è mai stato rinvenuto nel Po il corpo di una vittima di omicidio così efferato.

Macabri i dettagli emersi dall'autopsia, eseguita martedì sera: al cadavere manca la testa ed è mutilato anche in altre parti.

Nel saccone, il corpo era stato infilato in posizione fetale. Al momento non risulta che sui lembi di pelle della vittima siano stati ritrovati segni particolari o tatuaggi che possano aiutare nel riconoscimento. Il medico legale è riuscito a stabilire che si trattava del cadavere di una donna solamente dalla conformazione della cassa toracica. Gli elementi in mano ai carabinieri sono davvero pochi: si tratta di una giovane di meno di 30anni, priva di qualunque indumento. La sua pelle è chiarissima, il che fa escludere l'ipotesi si tratti di Saman Abbas, la giovane pachistana scomparsa da Novellara (Reggio Emilia) il 30 aprile di un anno fa, o di Samira El Attar, la mamma marocchina uccisa dal marito a Stanghella (Padova) nel 2019. Inoltre, da una prima analisi, in attesa di altri test per il cui risultato serve più tempo, sembra improbabile che il corpo sia rimasto in acqua più di un mese. La Procura di Rovigo ha informato quelle di Ferrara, Modena, Mantova, Parma e Padova. Le prime quattro perché le province sono lambite dal fiume, l'ultima perché non sono mai stati ritrovati i corpi di Samira El Attar e di Isabella Noventa. L'ipotesi, però, che si possa trattare di queste ultime due, è stata scartata con l'autopsia per una questione di carnagione, di età della vittima e perché la loro sparizione è avvenuta troppo tempo fa. In realtà il bacino idrografico del Po interessa Liguria, Piemonte, Valle d'Aosta, Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, la provincia di Trento, Marche, Veneto e si estende anche a porzioni di territorio francese e svizzero. Ma valutando la velocità a cui può viaggiare un oggetto con la massa di quel corpo chiuso nel borsone (massimo intorno ai 9 chilometri al giorno con una corrente come quella dell'ultimo mese) e il tempo di permanenza in acqua stabilito dall'autopsia, sembra difficile che possa provenire da più lontano. A complicare le indagini l'assenza di qualunque traccia che spieghi com'è morta la giovane. In attesa dei riscontri scientifici, si lavora sulle segnalazioni di donne scomparse. Nessuna però risponderebbe alle caratteristiche definite dall'autopsia. Così il mistero di Occhiobello si infittisce sempre più. 

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