Profughi ucraini e famiglie senza aiuti, l'ira dei sindaci: «Noi lasciati soli di fronte alla guerra. Con gli altri migranti era diverso»

Profughi ucraini
di M.A.
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Venerdì 15 Aprile 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 09:37

Due parole: «Lasciati soli». I sindaci di Pordenone e Udine scelgono i termini più duri per descrivere la situazione che si è venuta a creare in merito all’accoglienza dei profughi ucraini da parte delle famiglie, quindi di quelle persone che privatamente hanno scelto di accogliere chi scappava dalla guerra ma che ora devono fare i conti con i costi dell’ospitalità ancora non integrati dai contributi promessi dal governo. Alessandro Ciriani e Pietro Fontanini partono da due situazioni diverse: il primo cittadino di Udine è riuscito a utilizzare un lascito per elargire un contributo comunale alle famiglie che ospitano rifugiati ucraini; il sindaco di Pordenone non aveva questa possibilità. Ma l’intesa è a 360 gradi. «Il peso dell’accoglienza è stato lasciato ai Comuni». 


LA PROTESTA


«Proprio oggi (ieri, ndr) - racconta ad esempio Ciriani - ci è arrivata la richiesta relativa all’iscrizione alla mensa scolastica di cinque bambini ucraini scappati dalla guerra.

Le mense scolastiche, però, hanno una retta da pagare, seppur bassa. Significa che chi li ospita, cioè le famiglie, dovrebbe spendere da qui alla fine dell’anno scolastico circa 400 euro. Un altro costo extra. Per questo abbiamo deciso di ammettere i cinque bambini alla mensa in forma gratuita, accollandoci il costo fino a quando non arriverà effettivamente il contributo promesso dallo Stato». 


I RITARDI


Il problema è proprio quello. Un’ordinanza della Protezione civile nazionale c’è gi: prevede 300 euro per ogni profugo ucraino ospitato privatamente (per un periodo di tre mesi, per iniziare) e 150 euro per i minori. Il punto è che i soldi ancora non si vedono e per ora - a macchia di leopardo - li stanno anticipando i Comuni. «Del provvedimento effettivo da parte del governo - tuona Alessandro Cirjani - nessuno sa nulla. Abbiamo sollecitato, ma per ora senza successo. Non possono pensare che noi sindaci possiamo continuare ad andare avanti in questo modo. È urgente dare concretezza all’ordinanza della Protezione civile, altrimenti saranno guai per tutti». Anche Pietro Fontanini, che pure ha potuto contare su un lascito trasformato in contributo a beneficio delle famiglie che ospitano rifugiati ucraini, condivide la posizione del collega e omologo pordenonese. «Voglio ricordare - spiega - che quel lascito non sarà infinito. Già oggi può garantire solamente una cinquantina di euro per ogni rifugiato. Ma i soldi finiranno e ci sarà bisogno di un intervento serio da parte del governo».


I DEM


Si allinea anche la senatrice Rojc del Pd. «Il governo intervenga al più presto a sostegno delle famiglie che hanno accolto con generoso slancio i profughi dall’Ucraina in Fvg. I contributi sono essenziali per permettere ai privati di continuare a sostenere un peso anche economico che non può gravare solo sulle loro spalle. Ed è essenziale che i contributi arrivino subito alle famiglie». 


IL CONFRONTO


E torna ad emergere anche un tema che nel recente passato aveva provocato - a livello regionale ma non solo - polemiche e divisioni. Si parla in questo caso della differenza tra chi scappa oggi dalla guerra in Ucraina e i migranti della Rotta balcanica. Sull’argomento ci torna con una leggera vena polemica Ciriani. «Questi profughi - spiega riferendosi ai cittadini ucraini che si allontanano dal conflitto in corso - sono sistemati al 75 per cento in abitazioni private. In passato, invece, eravamo di fronte a un’accoglienza che risultava essere praticamente al 100 per cento pubblica, con una fitta rete fatta di società e cooperative. Con bandi e assegnazioni. In quel caso gli enti gestori provvedevano a tutto, mentre in presenza di una guerra ci troviamo noi sindaci in prima linea». 

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