Terapie intensive con malati covid, pranzi e festicciole sono i responsabili

I numeri sono in aumento, troppo poche le cautele osservate da tante persone
di Gabriele Pipia
4 Minuti di Lettura
Domenica 13 Dicembre 2020, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 15:34

PADOVA - Alle dieci e un quarto del mattino la signora Katia si presenta davanti alla Terapia intensiva centrale di Padova. Guarita un mese fa dopo due settimane di ricovero, è di nuovo qui per portare un panettone ai medici che le hanno salvato la vita. «Vi devo tutto - sorride - speriamo che durante queste feste la gente stia attenta». Un gesto semplice, un momento emozionante, nel mezzo di una situazione drammatica. Dal policlinico di via Giustiniani agli altri ospedali della provincia, lo scenario è sempre lo stesso: reparti pieni, personale sotto pressione, pazienti che arrivano continuamente. I ricoverati sono oltre 500 e intanto si moltiplicano le situazioni di pazienti che si contagiano durante festicciole private e pranzi in compagnia. Lì, tra le mura domestiche, dove il virus sembra ancor più invisibile e quindi si è portati a proteggersi meno. 


L’ultimo esempio arriva da Schiavonia: un paziente sessantenne senza malattie pregresse, passato direttamente dal pronto soccorso alla Rianimazione, ha raccontato candidamente: «Avevo partecipato ad un brindisi di compleanno col mio nipotino e altri parenti». Sempre a Schiavonia il mese scorso sono morti a distanza di dieci giorni marito e moglie, poco più che settantenni: entrambi avevano partecipato a un momento conviviale in famiglia prima di finire ricoverati. 


LE TESTIMONIANZE
«Di polmonite si può guarire, certo, ma questa è una polmonite molto insidiosa che a volte può essere letale» continua a ripetere il dottor Ivo Tiberio, primario della Terapia intensiva di Padova. Tiberio guida un reparto con 18 posti-letto tutti occupati e un altro, al Sant’Antonio, con 16 letti occupati su 18. «Dietro ogni storia ci sono emozioni e affetti, non possiamo certo rimanere indifferenti. L’appello in vista del Natale è sempre lo stesso: massima attenzione ovunque. Bisogna essere prudenti e limitare al massimo i contatti perché il contagio aumenta soprattutto dove uno non si protegge, quando è vicino agli affetti e alle persone strette». I tempi di degenza al suo reparto, intanto, si sono allungati: «Prima erano mediamente di due settimane, ora i ricoveri sono anche più lunghi perché molti arrivano in condizioni davvero critiche». 


UNO TSUNAMI
Fabio Baratto, direttore di Schiavonia, guida l’ultima spiaggia del Covid Hospital dove attualmente ci sono 24 posti e 19 pazienti. «In primavera eravamo stati investiti da uno tsunami con tanti casi concentrati e poi scemati gradualmente.

Ora il picco resta, non vediamo una discesa - racconta - Nella prima ondata avevamo avuto 49 pazienti in 100 giorni, ora siamo a 63 pazienti trattati in 61 giorni. Ogni dieci giorni contiamo tra gli otto e i dieci nuovi ingressi». E tra questi ci sono, appunto, quelli dei tanti malati reduci da festicciole e pranzi conviviali.


Una situazione che ben conosce anche la dottoressa Astrid Ursula Behr, direttrice della Terapia intensiva di Camposampiero. «Abbiamo undici posti Covid, tutti occupati. Se ne libera uno e arriva subito un altro paziente. L’impressione è che molta gente se ne freghi e non prenda davvero sul serio le regole. Sento tanti chiedere maggiore libertà per Natale, ma poi quando incontrano i parenti la mascherina se la tengono? Serve attenzione alla salute e rispetto per il nostro lavoro. Sono preoccupata per la situazione che potremo trovare dopo Natale». 


Concetti ribaditi dal collega Guido Di Gregorio di Cittadella, a capo di una Terapia intensiva che conta nove posti sempre pieni. «Se c’è un posto libero - spiega - resta libero per poche ore». Anche lui vede tanti pazienti reduci da ritrovi familiari o comunque momenti conviviali: «Siamo accerchiati dal virus, il Covid è dove meno te l’aspetti - evidenzia - In vista del Natale dobbiamo davvero stare attenti. Niente famiglie allargate, niente pranzi con venti persone. Facciamo un sacrificio ora e poi il prossimo anno magari potremo fare un Natale più tranquillo». Poi il dottor Di Gregorio lancia un altro monito: «Non possiamo permetterci altre distrazioni, sennò la pagheremo a febbraio con la terza ondata, altri morti e ospedali pieni». 


L’APPELLO
Se le terapie intensive rappresentano la punta dell’iceberg, sono tutti i reparti Covid ad essere presi d’assalto. Dall’Azienda ospedaliera negli ultimi giorni è partito questo appello: «Cerchiamo specializzandi a partire dal terzo anno o medici laureati abilitati e non specialisti che si siano iscritti alle liste di Azienda Zero come interessati ad incarichi per Covid». La proposta è per lavorare alle Malattie infettive di Padova con contratto co.co.co per fare turni di guardia e attività clinica. Tre giovani medici specializzandi sono stati individuati nelle ultime ore e adesso l’Azienda attende la loro formale accettazione. Il tempo stringe perché la pressione sugli ospedali cresce. 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA