Sgaravatti, eredità da 100 milioni di euro e due testamenti: scatta la battaglia legale

I coniugi Sgaravatti
di Gabriele Pipia
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Mercoledì 5 Maggio 2021, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 08:15

PADOVA - La storica villa affrescata nelle campagne di Saonara, un grande palazzo da 22 vani in Prato della Valle, decine di immobili e terreni tra il Veneto e le colline romane. Ma anche una maestosa galleria di quadri e una scintillante collezione di auto d’epoca: almeno quindici gioielli, dalla Ferrari del 1970 all’amata Topolino. È l’eredità milionaria lasciata da Alberto e Renata Sgaravatti, re e regina del florovivaismo con prestigiose commissioni in tutta Italia. Un’eredità su cui ora potrebbe nascere una battaglia legale.
Il Gazzettino è infatti in possesso degli atti di due testamenti firmati a distanza di un anno dalla signora Renata Cappellato, moglie di Alberto Sgaravatti. Uno è destinato a due ex dipendenti e l’altro ad una donna padovana. A Saonara, il loro comune d’origine, la storia è sulla bocca di tutti. Anche a Padova, dove la famiglia è conosciutissima, la vicenda sta suscitando grande interesse. Si parla di svariate decine di milioni di euro e in paese, dove gli Sgaravatti sono un’istituzione da due secoli, c’è chi calcola un patrimonio complessivo da oltre cento milioni di euro. Una cifra da pelle d’oca. 

LA STORIA
La famiglia ha gestito fino all’anno scorso l’azienda “Sgaravatti A. & A.”, impero imprenditoriale fondato nel 1820 e protagonista per due secoli nella coltivazione e nella vendita di piante ornamentali destinate a ville, palazzi e sedi ministeriali di assoluto pregio. Anche la sede di Saonara e i relativi capannoni fanno parte di questa eredità. Alberto Sgaravatti è morto il 5 agosto 2019, a 91 anni, lasciando tutto il proprio patrimonio alla moglie Renata. La signora è mancata invece a 75 anni lo scorso 19 dicembre, dopo aver condotto fino all’ultimo l’azienda di famiglia. Non avevano discendenti diretti, ma ora esistono due diversi testamenti della vedova Sgaravatti. Due atti che cozzerebbero l’uno con l’altro. 

IL PRIMO DOCUMENTO
Il primo è datato 11 ottobre 2019 ma viene registrato formalmente il 16 marzo 2021. Porta il timbro del notaio Gianluigi Maculan di Saonara, al quale si rivolgono due ex dipendenti dell’azienda che esibiscono il testamento «scritto con inchiostro blu e con identica calligrafia». Tre righe telegrafiche, firmate appunto da Renata Cappellato Sgaravatti, per affidare 2,5 milioni di euro ad uno e tutti i restanti beni all’altro. 

IL SECONDO
La storia diventa particolarmente interessante perché c’è però un altro testamento, l’ultimo in ordine di tempo. È stato firmato dalla stessa donna il 20 ottobre 2020 e  consegnato il 28 dicembre (dieci giorni dopo la morte) al notaio padovano Lorenzo Robatto. L’intestataria è una donna padovana. All’interno di una busta chiusa con la scritta in corsivo blu c’è un foglio in cui viene nominata «erede universale» di tutti i beni. L’ereditiera avrà anche un onere: dovrà acquistare un appartamento per la badante della signora Sgaravatti «affinché viva con il mio cane finché vivrà» e darle 300 euro al mese «per il vitto del cane». È tutto riportato in quel prezioso documento.
Nella busta c’è anche un secondo foglio con le istruzioni per arrivare alla soffitta dell’abitazione, aprire un armadio e trovare «il libretto della Ferrari». 

LA TESTIMONIANZA
Si preannunciano nuove puntate. Il principale ereditiere del primo testamento è un impiegato padovano che, interpellato, dosa ogni singola parola: «Di questo caso se ne occuperà la magistratura, noi aspettiamo l’attività delle forze dell’ordine. Io e l’altro collega beneficiario del testamento eravamo due uomini fidatissimi della famiglia Sgaravatti. Ora sappiamo che ci sono due testamenti in conflitto, non so altro. Stiamo a vedere».
Resta una domanda: perché hanno atteso lo scorso marzo per presentarsi dal notaio con il testamento firmato nel 2019?
«Perché dopo la morte della signora - risponde l'interessato - avevamo saputo subito che c’era un altro testamento e volevamo capire bene i fatti. Stiamo in attesa». 
 

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