Varani torturato per ore: "Lo abbiamo tagliato come si affetta il pane, ma non voleva morire"

Varani, Foffo e Prato e la scena del delitto (Giallo)
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Mercoledì 5 Ottobre 2016, 16:26 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 22:32
ROMA - In esclusiva su settimanale 'Giallo' le macabre fotografie che potrebbero inchiodare gli assassini di Luca Varani, 23 anni, ucciso a Roma dopo essere stato immobilizzato con un potente sedativo. Il piumone sporco di sangue, la bevanda con la droga, gli indumenti sporchi e le tracce di rossetto lasciate sui mozziconi delle sigarette: sono le immagini della scena del crimine pubblicate da Giallo.


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Secondo l'autopsia il giovane sarebbe stato torturato per almeno due ore da Manuel Foffo, 30 anni, e dall'amico coetaneo Marco Prato lo scorso 4 marzo a casa di Foffo, un anonimo appartamento al decimo piano di un palazzo della Capitale. "Lo abbiamo tagliato come si affetta il pane, ma Luca non voleva morire: dopo un minuto di silenzio ricominciava a respirare", ha raccontato Foffo ai carabinieri. I due trentenni, secondo la psicanalista Vera Slepoj, "sono uniti nel crimine più efferato di questo ultimo secolo". Dopo la notte del terrore Marco Prato avrebbe simulato il suicidio, scrivendo biglietti d'addio alle sue persone care.



Secondo il medico legale, Foffo e Prato hanno prima usato il martello, colpendo Luca alla testa, poi i coltelli, usati anche per infiggere ferite superficiali e “puntiformi”: tagli fatti, secondo l’autopsia, non per uccidere ma per “provocare sofferenza”. Un colpo, fortissimo, sulla bocca. Un altro sul naso. Poi lo seviziano con tre coltelli diversi. Ci sono ferite superficiali, sul suo corpo. Il medico legale scrive che sono “lesioni inferte per provocare dolore”. Con la punta del coltello infieriscono sul petto del povero Luca “solo per farlo soffrire”. Poi provano a strozzarlo con un cavo, con le mani, con una calza. Foffo stringe e Prato lo aiuta, e intanto gli bacia la testa. In ultimo, gli piantano un altro coltello nel petto, trafiggendo un polmone. Un’agonia infinita: una morte che arriva lenta, per l’insieme di tutte queste terribili sofferenze.



I carabinieri vengono avvisati dall’avvocato di Manuel, Michele Andreano, la sera del 5 marzo, un giorno dopo il delitto. È lui a chiamarli e a dire che il suo cliente ha ucciso un uomo, insieme con l’amico Marco Prato. Quando i carabinieri entrano in casa con Foffo, la sera del 5 marzo, si trovano davanti a un mattatoio. Il martello e un coltello, insanguinati, sono buttati per terra, all’ingresso della camera. Luca è stato spostato sul letto, coperto con un piumone arancione. Spuntano solo una mano e un gomito. Sul braccio, il tatuaggio con il nome della fidanzata: Marta Gaia. 

Scrivono i carabinieri: "Foffo racconta che quello è un giovane che lui non conosceva, ma che si era presentato a casa sua la mattina prima perché invitato da Prato. Prato aveva partecipato all’omicidio e poi si era allontanato, per tentare il suicidio in una stanza d’albergo". In effetti Prato, scrivono sempre i carabinieri, "aveva trovato alloggio nella camera numero 65 dell’Hotel San Giorgio. Dalla camera non venivano rumori, a eccezione della musica a tutto volume della canzone “Ciao amore” della cantante Dalidà.

Prato viene trovato a terra, con la testa infilata quasi sotto al letto matrimoniale, in stato confusionale. Ha assunto farmaci. Sul tavolo, alcuni biglietti d’addio". In una borsa, scarpe e vestiti da donna e una parrucca. Prato, sapremo poi dai controlli sanitari, non ha assunto una dose di farmaci letale. Anzi: i medici che lo soccorrono scrivono che non mostra segni di pentimento, è lucido e sta bene. Per cui si ipotizza che abbia solo simulato. Ma questo lo stabilirà un giudice, quando ci sarà il processo. Lui, prima di essere trovato, su alcuni fogli sparsi ha scritto: "Perdonatemi. Non riesco, sono stanco e una persona orribile. Ricordate solo il bello di me. Vi amo". 
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