La rivolta dei migranti di Napoli, sit in al Plebiscito: «Abbiamo diritto a rimanere qui»

La rivolta dei migranti di Napoli, sit in al Plebiscito: «Abbiamo diritto a rimanere qui»
di Rossella Grasso
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Martedì 28 Agosto 2018, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 29 Agosto, 10:25
«Il problema di piazza Garibaldi non sono i migranti ma la camorra». Recita così lo striscione che ha condotto il corteo di migranti e associazioni che operano nel settore da piazza Garibaldi fino alla prefettura. Circa 200 persone si sono incamminate per poi dar vita a un sit in in piazza del Plebiscito. «Vogliamo sapere perché la prefettura ha inviato all'improvviso i controlli nei nostri centri di accoglienza la sera del 13 agosto e perché vuole espellere più di 150 ragazzi che in quel momento non erano nella struttura - dice Malik, senegalese, a Napoli da cinque anni - Noi non vogliamo vivere nei centri di accoglienza, ma è un nostro diritto chiedere asilo a Napoli».
 
 

Intorno alle 12 una delegazione di associazioni tra cui L'Ex Opg, Less Onlus e l'Associazione 3 Febbraio, insieme con un gruppo di migranti e con padre Alex Zanotelli, è stata ricevuta dal prefetto per discutere della situazione. I migranti colpiti dall'ordinanza della prefettura hanno infatti cinque giorni di tempo per motivare la loro assenza. Se non saranno convincenti dovranno lasciare i centri in cui sono ospitati, ma non l'Italia. «Di fatto le persone che saranno messe in strada - spiega Pierluigi Umbriano dell'Associazione 3 Febbraio - non potranno più ricevere le notifiche delle commissioni che dovrebbero decidere sulla loro richiesta di asilo. Il loro diritto resta sulla carta ma viene negato nella pratica. Rischiano di essere dichiarati irreperibili oltre a perdere il loro diritto all'accoglienza».


La delegazione ha discusso lungamente con il prefetto che ha ascoltato le proteste e ha dimostrato disponibilità nell'analizzare attentamente le motivazioni degli oltre 150 migranti colpiti dal provvedimento. Per il momento resteranno tutti nelle strutture in cui sono stati ospitati in attesa della fine dell'istruttoria. «Questi controlli arrivano adesso dopo un anno dall'entrata in vigore del regolamento che impone il coprifuoco per gli ospiti delle strutture alle 21 - ha detto Marika Visconti, presidente di Less Onlus - In questo modo diventano luoghi di costrizione e non di accoglienza. Non è possibile che ci siano limitazioni di movimento per i migranti, diritto sacrosanto».

Visconti ha partecipato all'incontro durante il quale ha sottolineato più volte che imporre il coprifuoco lede tutto il lavoro che si svolge a Napoli per l'integrazione, impedendo ai migranti di svolgere attività del quotidiano in maniera normale come andare a fare una partita di calcetto o trascorrere del tempo con gli amici. «C'è un errore nell'individuare l'obiettivo della risoluzione del problema - continua Visconti -  Far entrare la polizia alle 22 nelle strutture a due giorni da una festività dà adito alla cittadinanza di credere che il problema del Vasto siano i migranti. La polizia non è entrata alla stessa ora dello stesso giorno nelle piazze di spaccio o nei luoghi di prostituzione. Questo modus operandi non garantisce nessuno». La risoluzione del problema è rinviata per due o tre settimane, il tempo che la prefettura analizzi i ricorsi fatti.
 

«Quella sera molti di noi erano nella struttura - dice Zumana, 25 anni, ivoriano - qualcuno dormiva, qualcun altro era fuori a fumare una sigaretta. Altri erano andati a mangiare qualcosa nei dintorni. La polizia è arrivata e ha chiuso le porte. Chi non è risultato presente all'appello sarà messo in strada. Siamo disposti a rimanere qui giorno e notte finché il prefetto non ci dirà cosa dobbiamo fare». Il rischio è infatti quello che chi è stato espulso dai centri resti a vagare nei dintorni, senza poter accedere alle attvità e all'ospitalità di cui hanno avuto diritto finora, acuendo la già difficile situazione che vessa la zona.

«La politica italiana non ne vuole più sapere né di migranti, né di rom, né di senza fissa dimora - ha detto padre Zanotelli, comboniano attivista - Questo è il dramma che stiamo vivendo in questo momento. Buttarli fuori vuol dire buttarli in mano alla camorra. In una città come Napoli è una follia». Intanto le associazioni sono pronte a fare ricorso al Tar e a sostenere i migranti nella loro protesta.
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