Villa Polverino, in pezzi il simbolo della camorra

Villa Polverino, in pezzi il simbolo della camorra
di Ferdinando Bocchetti
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Domenica 20 Marzo 2022, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 07:18

Cade a pezzi la villa bunker di Giuseppe Polverino, il re dell'hashish arrestato anni fa in Spagna e attualmente detenuto in regime di 41 bis. La struttura, realizzata negli anni Ottanta nella zona collinare di Marano, non è mai stata riutilizzata per i fini sociali previsti dalla legge.

Il decreto di confisca del bene risale al 25 maggio del 1996. Da quel giorno l'immobile, che affaccia sulla conca di Quarto, è ufficialmente patrimonio dello Stato. Sono passati 26 anni, eppure il tempo sembra essersi fermato nella seconda traversa Marano-Pianura, dove l'ultimo padrino di Marano ha dimorato per diversi anni. Gli annunci e i progetti sbandierati a più riprese nel corso degli anni, sono rimasti nel cassetto. Ora il Comune di Marano - sciolto per camorra e retto da una triade commissariale - sembra interessato al recupero e alla valorizzazione del bene. L'idea ha già conquistato il colonnello Luigi Maiello, comandante ad interim della polizia locale con delega ai beni confiscati, che nei giorni scorsi ha effettuato un sopralluogo nella villa.

«È una struttura fantastica - sottolinea Maiello - proveremo a coinvolgere l'Agenzia Nazionale per i Beni confiscati e altre istituzioni affinché si possano creare le condizioni per salvarla dal degrado». Nel 2010 si era pensato di farne un centro di orientamento e formazione per immigrati e un accordo di massima per individuare i necessari finanziamenti, era già stato raggiunto tra Regione, Agenzia nazionale dei beni confiscati e il Comune di Marano. Non se ne fece nulla né allora né qualche anno dopo, quando a interessarsi al bene fu il ministero per l'Istruzione e l'Università, che sembrava interessato a realizzare una scuola per i bambini della zona. Un progetto ambizioso, denominato «Più scuola, meno mafia», anch'esso naufragato a causa dei paventati costi (svariate centinaia di migliaia di euro) necessari per l'adeguamento strutturale. La lussuosa residenza del «Barone» è strutturata su due livelli per un totale di ventitré vani. I piani sono collegati da un'imponente scala a chiocciola in marmo. Le lastre di pregiatissimo marmo ricoprono anche i pavimenti di alcuni saloni. La struttura è avvolta da cinquemila metri quadri di giardino. Un vero e proprio parco, alla fine del quale si accede a un solarium con ampia terrazza e che gode, tra l'altro, di una favolosa vista sull'area flegrea e il quartiere Pianura. Da simbolo del potere mafioso, oggi la villa appartenuta al boss Polverino è diventata la fotografia delle inerzie dello Stato e dei Comuni sul fronte del riutilizzo dei beni confiscati.

L'immobile è ormai utilizzato da adolescenti in cerca di avventure ed è divenuto luogo di rifugio per gli animali della zona.

Pavimenti ricoperti da escrementi, porte distrutte, qualche vetrata rotta, intonaco penzolante in molti punti, cancelli arrugginiti e nessuna traccia di targhe o insegne che ricordino ai passanti o ai residenti della zona - molti dei quali parenti del super boss - che la villa è proprietà dello Stato italiano. Molti arredi, tuttavia, sono rimasti intatti e con un buon finanziamento - magari da attingere attraverso le risorse del Pnrr - il bene potrebbe tornare agli antichi splendori. Marano è uno dei comuni con il più alto numero di strutture sottratte alle famiglie di mafia: sono più di 130, suddivise in case, box e terreni. Pochissimi quelli affidati a cooperative sociali, associazioni o a forze dell'ordine. L'ultimo taglio del nastro risale a tre anni fa in via San Tommaso, dove è sorta «Casa donna Maria», centro d'accoglienza per ragazze madri.

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