Presidente Garzo, qual è la verità?
«La collega Monica Marrazzo, con un provvedimento preciso e puntuale, ha dovuto decidere su una richiesta di provvedimento di urgenza, previsto dal famoso articolo 700 del codice di procedura civile. Una procedura che non entra nel merito della vicenda, ma decide solo su una singola richiesta da assolvere in tempi brevi. È, come si dice, un procedimento cautelare».
Qual era, allora, la domanda proposta nel ricorso?
«Veniva chiesta l'interruzione e l'inibizione futura della divulgazione dei famosi video su una decina di siti online e social network. Non altro. Si diceva, poichè questa divulgazione mi ha arrecato problemi psicologici e danni all'immagine, chiedo al giudice di stopparla».
Nella premessa, c'erano riferimenti al consenso prestato ai video girati?
«Nel ricorso si ammetteva che c'era stato consenso ai video e che gli stessi erano poi stati inviati a cinque persone ritenute amiche. Ma non c'era alcun consenso sulla divulgazione pubblica. E questo elemento è stato al centro della domanda».
Quanto è durato il procedimento?
«Poco, come previsto dal codice di procedura civile. Ad aprile-maggio è stato depositato il ricorso. A giugno, c'è stata la prima udienza poi rinviata all'otto luglio, quando il giudice si è riservato di decidere. La sentenza è del 5 settembre, nel fascicolo ci sono le controdeduzioni delle dieci società citate».
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