Coronavirus a Napoli, avanza la povertà: tutti in coda al Banco Pegni

Coronavirus a Napoli, avanza la povertà: tutti in coda al Banco Pegni
di Paolo Barbuto
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Martedì 21 Aprile 2020, 08:30

La ragazza con le scarpe sgargianti si volta un solo attimo, capisce che ci sono occhi curiosi e si tuffa nelle chiacchiere con la mamma per evitare di essere notata, intercettata, avvicinata: ha vergogna di trovarsi lì.

Allo sportello pegni del Banco di Napoli, prima dell'emergenza si entrava con rapidità, senza essere notati, senza dover dare spiegazioni a nessuno. Adesso lì fuori si rimane in attesa anche per ore perché l'ingresso è contingentato, così quella coda diventa la rappresentazione fisica della disperazione: c'è bisogno di soldi, anche a costo di impegnarsi la collana della moglie o l'anello della nonna.
Via San Giacomo, il palazzo dove si governa la città si trova venti passi più giù, dietro l'angolo: ecco, forse proprio quell'angolo impedisce di osservare il dolore composto del popolo messo in ginocchio dal virus.
 

 

Provi a chiedere, ma la gente non è felice di parlare. L'uomo con la giacca vistosa va a nascondersi dietro la colonna del porticato dirimpetto, la donna con la crocchia di capelli bianchi ti incenerisce con lo sguardo e dice alla sua vicina ad alta voce per farsi sentire «ma perché non si capisce perché stiamo qua?».

Il signore con la giacca grigia che è appena uscito accetta il saluto ma preme perché la distanza sia profonda. Mostra un foglietto che da lontano non ha significato: «È l'anello di mia mamma, prima di morire l'ha regalato a mia moglie. Sai quanto mi hanno dato? 100 euro. Ma io il mese prossimo vengo a riprendermelo, non posso perderlo, i primi soldi che guadagno li porto qui».

Il signore con la giacca grigia si chiama Ciro e abita dietro ai Tribunali, non avrete altri dettagli perché abbiamo promesso di non scriverli. Ciro si arrangiava con i trasporti e svuotando le cantine, la moglie andava a fare i servizi a via Duomo da tre signore diverse: tutti e due si sono ritrovati senza guadagni da un giorno all'altro. Ciro abbassa la voce «sono andato da tutti gli amici, casa per casa, a chiedere un aiuto, cinque, dieci euro per far mangiare i bambini. Adesso non ci posso più andare sennò faccio brutta figura».
 

Visti da qui sembrano tantissimi. Chi conosce la vita quotidiana di questo posto spiega che si tratta solo di un effetto ottico dovuto alla necessità di non affollare l'interno. Il Banco di Napoli che, ufficialmente, non fornisce nessun dettaglio sulla questione del Banco Pegni, dice semplicemente che è stata rilevata una piccola crescita percentuale di persone che si rivolgono a questo tipo di servizio. Voci di dentro sostengono che la crescita sia prossima al trenta per cento, ma la questione non sta tanto nei numeri quanto nelle persone.

Arrivano alle porte di questi uffici uomini e donne che mai prima d'ora avevano immaginato di poter impegnare un oggetto prezioso. Li riconosci perché sono i più spaesati, quelli che evitano lo sguardo e dicono di essere venuti solo per chiedere informazioni. A dire la verità sul fronte dalla richiesta di informazioni s'è registrata una poderosa impennata nelle chiamate all'istituto: in tanti chiedono come si fa perché pensano che avranno bisogno di quel servizio.

Le donne sembrano le più preoccupate, gli uomini invece non si imbarazzano a domandare ai più esperti quali sono tempi e modi del monte dei pegni. Tutti i novellini inesorabilmente, chiedono quanto tempo avranno per andarsi a riprendere i loro beni, vengono osservati con tenerezza dagli altri, da quelli che hanno esperienza e scorza dura per sapere che questi oggetti difficilmente verranno recuperati.
 
 

Anche sull'importanza attribuita ai monili portati qui c'è bisogno di esperienza. In genere, spiega un uomo che millanta di aver passato più tempo al banco pegni che a casa sua, le persone attribuiscono un valore esagerato ai loro ori: colpa dello sguardo d'amore con il quale li osservano. Alla prova dei fatti (e della bilancia) però l'amore non conta nulla; gli oggetti tornano al loro valore commerciale che varia in media fra i 70 e i 100 euro «ma per gli orologi di marca cresce moltissimo», spiega l'uomo informato.

Una donna ascolta il racconto degli ori che perdono il valore dell'amore quando entrano lì dentro, apre la borsetta e guarda dentro a un fazzoletto arrotolato: non mostra emozioni però all'improvviso lascia la coda e se ne va, per la gioia della coppia che era alle sue spalle. 

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