Agguato a Napoli tra la folla di Natale ma nessuno ha visto o sentito niente: «Lo Stato dov'è?»

Agguato a Napoli tra la folla di Natale ma nessuno ha visto o sentito niente: «Lo Stato dov'è?»
di Valentino Di Giacomo
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Venerdì 24 Dicembre 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 14:01

«Se non ve ne andate va a finire male, noi oggi dobbiamo lavorare, non li vogliamo i giornalisti». Di fianco al bar dove è stato colpito Vitale Troncone ci sono una pescheria e un fruttivendolo, negozi solitamente presi d'assalto nel giorno dell'antivigilia. Invece, ieri mattina, poche ore dopo l'agguato, erano ancora semi-deserti. «Ti piglio con una mazza», ci dice il fruttivendolo perché, in fondo, in pochi hanno voglia di parlare di un tentato omicidio in pieno giorno a due passi dalla propria bottega. Qui la sciagura non è per l'uomo ferito in pieno giorno o per la possibile strage che poteva avvenire durante il frenetico shopping natalizio se uno dei colpi sparati avesse centrato qualche mamma o un bimbo. L'unico problema è che con il bar di fianco che ancora sta ripulendo le tracce dell'agguato dopo i rilievi effettuati dai carabinieri, con l'odore acre della candeggina a coprire quello del sangue, non si lavora in uno di quei giorni in cui invece si fanno affari d'oro. «Con i morti a terra - dice uno - non si vende niente». I giornalisti non sono ben visti, colpevoli di amplificare una faida tutta interna al quartiere Fuorigrotta. «Qui non è Scampia, andate da un'altra parte», dice una signora che sta acquistando la frutta secca. Non sarà Scampia, ma da mesi ormai quella che era una zona residenziale della media borghesia napoletana sta diventando a poco a poco una sorta di Far west tra pusher, piazze di spaccio e regolamenti di conti tra clan rivali. A Fuorigrotta, però, non arrivano le telecamere di Gomorra. 

Nessuno ha voglia di parlare dell'agguato.

Mentre stiamo andando via ci ferma però una signora, tiene per mano un bimbo di 5 anni. «Questo bimbo è un miracolato perché - ci dice - se non mi fossi attardata dal tabaccaio per comprare le sigarette probabilmente ci saremmo trovati proprio davanti al bar mentre sparavano». Una sorta di lieto fine nell'anti vigilia di Natale così lontano dai racconti a tema di Dickens, qui il miracolo è non vedere il proprio figlio colpito da un proiettile vagante in piena mattinata. «Avevo promesso al bimbo - racconta la donna - che saremmo andati al bar a prendere il cornetto. Hanno sparato anche alla sua altezza, mi vengono i brividi per quello che poteva accadere». E, intanto, tutto intorno clacson impazziti nel traffico e marciapiedi affollati con persone cariche di buste, pandori e pacchi. «Non ci vogliamo pensare che hanno sparato - spiegano - mò dobbiamo solo pensare a farci questo Natale in grazia di Dio». 

 

Di fronte al bar dell'agguato c'è la chiesa del Buon Pastore diretta da un parroco, don Pasquale Di Giglio, che le mani prova a sporcarsele. «Lo scorso maggio - racconta - siamo scesi in piazza contro la camorra, arrivò l'allora prefetto Marco Valentini per rassicurarci, ma in fondo nulla è cambiato». È un prete di strada don Pasquale, conosce bene le dinamiche del quartiere. Lo scorso novembre, quando nel giorno di San Martino fu ucciso Andrea Merolla, il nipote di Vitale Troncone, fu travolto dalle polemiche per aver celebrato una messa in suffragio del giovane. «Un prete fa questo e - spiega - affida alla misericordia di Dio queste anime perdute. Per me è un'occasione per parlare con gli amici, i parenti di questi ragazzi, per far capire loro che chi vive nella criminalità conosce questi epiloghi. Noi preti ci proviamo, ma lo Stato dove sta?». E amaramente fa notare: «Qui dobbiamo paradossalmente affidarci alla mira dei cecchini, dovremmo persino ringraziarli che hanno la mira buona visto che i colpi non hanno fatto vittime innocenti». Don Di Giglio spiega: «Il quartiere è diventato una piazza di spaccio importantissima. Ora hanno ricominciato a vendere di nuovo pure l'eroina, la droga dei poveri. Avevo in mente l'omelia per la messa della mezzanotte, ora dirò ben altre parole, non ne possiamo più». 

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