Zaki esce dal carcere, l'abbraccio ai familiari: «Grazie Italia, voglio tornare nella mia Bologna»

Amnesty: "Aspettavamo quell'abbraccio da 22 mesi"

Zaki scarcerato dopo 22 mesi di prigionia in Egitto
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Mercoledì 8 Dicembre 2021, 13:59 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 12:46

Patrick Zaki è stato scarcerato dopo 22 mesi di prigionia in Egitto. Queste le sue prime parole nella casa della famiglia a Mansura: «Sto aspettando, vedrò nei prossimi giorni cosa succede: voglio essere in Italia il prima possibile, appena potrò andrò direttamente a Bologna, la mia città, la mia gente, la mia università».

Zaki torna in libertà provvisoria, perché i giudici non l'hanno assolto dalle accuse e il processo continua. Appena uscito dal commissariato a Mansura Zaki ha abbracciato la madre«Sto bene, forza Bologna», le prime parole del ragazzo. L'abbraccio è avvenuto in una stretta via su cui affaccia il commissariato, fra transenne della polizia del traffico e un camion con rimorchio.

Per abbracciare la madre Patrick ha lasciato a terra un sacco bianco di plastica che portava assieme a una borsa nera.

Lo studente egiziano dell'università di Bologna arrestato il 7 febbraio del 2020 è uscito dal carcere di Mansoura, all'indomani della decisione del giudice di scarcerarlo e di aggiornare l'udienza al prossimo primo febbraio. Lo comunica su twitter la ong Eipr per cui Patrick lavorava, postando una foto del giovane abbracciato alla madre.

LA VITTORIA - Zaki è uscito dal commissariato di Mansura vestito con una tuta e scarpe da ginnastica bianche, il colore simbolo degli imputati nei processi egiziani. Appena varcata la porta del commissariato, dal quale è stato rilasciato, ha alzato la mano con l'indice ed il dito medio alzati in segno di “vittoria”. Patrick è da oggi a piede libero ma ancora sotto processo, con la prossima udienza fissata per il primo febbraio. Lo studente egiziano dell'università di Bologna è apparso in buone condizioni, con la barba leggermente lunga ma curata, occhiali e i capelli raccolti in un codino.

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LE REAZIONI - «Aspettavamo di vedere quell'abbraccio da 22 mesi e quell'abbraccio arriva dall'Italia, da tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l'università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell'abbraccio arrivasse». Così all'Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia commenta la notizia del rilascio di Zaki.

 

«Un abbraccio - dice Noury - soprattutto ai mezzi di informazione che hanno tenuto alta l'attenzione per questi 22 mesi. Ora che abbiamo visto quell'abbraccio aspettiamo che questa libertà non sia provvisoria ma sia permanente. E con questo auspicio arriveremo al primo febbraio, udienza prossima». «Sono fiero della sua resistenza e del suo coraggio e incredibilmente meravigliato perché Patrick Zaki non ha mai mancato di pensare all'Italia, di occuparsi di altri prigionieri, è un modello di difensore dei diritti che tutti ammiriamo» spiega ancora Noury. «Le immagini che arrivano dall'Egitto - dice - di sorrisi e abbracci che aspettavamo da 22 mesi ci stanno riempiendo di enorme emozione. Ha riacquistato la libertà seppur provvisoriamente, auspichiamo che diventi permanente».

«Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato Patrick!». Così su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, postando la foto dell'abbraccio tra Zaki e la madre all'uscita dal carcere di Mansoura.

IL RETTORE - «Oggi è una giornata di festa, anche se non bisogna abbassare la guardia fino al completo proscioglimento dalle accuse. Speriamo che Patrick possa mettersi alle spalle questi due anni dolorosi e possa tornare presto ai suoi studi qui a Bologna, nella sua università. Il suo posto è qui, nella nostra comunità, assieme ai suoi compagni e ai docenti che non vedono l'ora di riabbracciarlo». Lo dice Giovanni Molari, rettore dell'Università di Bologna.

LO STREET ARTIST - Giulio Regeni abbraccia Patrick Zaki. Questo il murales della street artist Laika comparso questa mattina nei pressi di Villa Ada, a Roma, dove c'è la sede dell'ambasciata d'Egitto in Italia. Nel poster, con lo sfondo di una luce che rompe il buio di un tunnel, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016 cinge la vita di Zaki dicendogli: «Ci siamo quasi». Lo studente risponde: «Stringimi ancora». A chiudere l'opera la scritta, in arabo, «Innocente».

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