Venezuela, Washington valuta l'invio di truppe Espatrio vietato a Guaidó

Venezuela, Washington valuta l'invio di truppe Espatrio vietato a Guaidó
di Flavio Pompetti
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Mercoledì 30 Gennaio 2019, 09:39
Il procuratore capo venezuelano, il generale Tarek William Saab, ha ordinato ieri la revoca del diritto di espatrio e la confisca dei conti bancari per Juan Guaidó, il capo dell'Assemblea Nazionale che sabato scorso si è auto proclamato presidente ad interim del paese. Dietro il suo intervento è facile vedere la mano di Nicolas Maduro, il vincitore delle passate elezioni che Guaidó e la gran parte della comunità internazionale contestano per la mancanza di reali candidati dell'opposizione, e per presunti brogli ai seggi. Guaidó continua nel frattempo a denunciare l'operato che lui ritiene illegittimo di Maduro. Intanto Washington fa pressione agendo su più leve, compresa la ventilata minaccia di un'azione militare. Ieri il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton si è fatto fotografare con un appunto scritto nel quale - ingrandendo le immagini del foglio - si poteva leggere la criptica frase: «5.000 truppe per la Colombia».

L'INTERVISTA DI JUAN
Ieri il giovane ingegnere si è presentato ai microfoni della Bbc di Caracas. Ha spiegato di aver agito nella piena legalità perché la costituzione del suo paese prevede che il presidente dell'assemblea legislativa prenda il potere in assenza di una presenza legale al capo del governo: «Il mio dovere ha detto di fronte all'attuale abuso di potere e lo stato dittatoriale nel quale siamo caduti, è quello di indire nuove elezioni». «Dobbiamo scegliere ha aggiunto tra l'accettazione del dominio, dell'oppressione e della tortura del regime Maduro, e il ritorno della libertà, la democrazia e la prosperità per il nostro paese».

Dietro al conflitto istituzionale tra i due pretendenti al potere, c'è l'equilibrio degli altri centri di potere che governano il Venezuela, e che nell'ultima settimana hanno dato segni progressivi di smottamento. Maduro ha potuto contare finora sul supporto dei militari, nelle cui mani il suo predecessore Hugo Chavez aveva iniziato a consegnare fette sostanziali dell'economia nazionale. È lo stesso ministro della Difesa Vladimir Patrino che sovraintende ad esempio al servizio della distribuzione dei beni alimentari, una funzione di importanza vitale in tempo di carestia, che permette al ministero un contatto capillare con la parte più indifesa e ricattabile della popolazione. Allo stesso modo è un militare: il capo della guardia nazionale, il general maggiore Manuel Quevedo, a trovarsi a capo della Pdvsa, l'agenzia governativa che amministra l'unica risorsa economica del paese: il petrolio. Il potere dell'esercito nella devastata economia del Venezuela è concentrato nelle sole mani dei vertici, ed infatti è del basso dei ranghi comuni che sta emergenza la protesta che potrebbe detronizzarlo.

Bolton ha fatto sapere che la base dell'esercito è in agitazione, e che l'Assemblea Nazionale di Guaidó è riuscita a stabilire contatti solidi molti militari non di vertice. La Cnn ha mostrato ieri immagini di soldati semplici che chiedevano agli Usa di assistere la loro rivolta dall'esterno, senza precipitare la situazione con un intervento armato nel loro territorio. La defezione a Washington dell'attaché della Difesa Josè Luis Silva dà nuova linfa alla sedizione. L'altro settore del potere nazionale che ha sostenuto Maduro è quello giudiziario. È stato il Tribunale Supremo di Giustizia a decretare l'anno scorso la chiusura del parlamento di Caracas, ed è allo stesso organismo che il procuratore generale Tarek Saab ha chiesto ieri di dichiarare l'illegittimità della presa di posizione di Guaidó. Anche questo fronte sta mostrando delle crepe, come si è visto ieri con il voltafaccia del capo dei magistrati dello stato nord orientale di Yaracuy, a due ore dalla capitale, che ha riconosciuto l'autorità del presidente ad interim, così come ha fatto il deputato dell'Assemblea Nazionale Arkiely Perfecto, leader del partito Tupamaros che era uno dei più vicini alla rivoluzione chiavista.

LE NOMINE DEL PARLAMENTO
Il parlamento esautorato da Maduro ma riabilitato da Guaidó, ha intanto provveduto a nominare i suoi ambasciatori nelle capitali straniere che hanno riconosciuto l'autorità provvisoria del nuovo leader. Rappresentanti diplomatici sono stati scelti per le sedi in Argentina, Cile, Colombia, Perù, Panama, Honduras, Ecuador, Colombia, Canada e Costa Rica.
 
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