Venezuela, Juan Guaidò attacca Maduro: «Il Parlamento può chiedere l'intervento degli Usa»

Venezuela, Juan Guaidò attacca Maduro: «Il Parlamento può chiedere l'intervento degli Usa»
di Alfredo Spalla
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Domenica 14 Aprile 2019, 13:23 - Ultimo aggiornamento: 13:48
Al termine della nostra conversazione, chiediamo a Juan Guaidó, di immaginare una nuova versione del giuramento di Monte Sacro, pronunciato dal patriota Simón Bolívar sulla collina romana. La storia del Venezuela, infatti, come quella de Il Messaggero, a cui Guaidó concede quest'intervista esclusiva, affonda le radici nella città di Roma. Era il 1805 quando il Libertador, nato a Caracas, salì sul Monte Sacro e promise che si sarebbe riposato solo dopo aver «spezzato le catene del potere spagnolo». Oggi Guaidó - presidente del Parlamento venezuelano e riconosciuto presidente della Repubblica da oltre 50 paesi nel Mondo, fra cui però non figura l'Italia - promette che non si fermerà se non davanti alla caduta del chavismo e di Nicolas Maduro. «Non daremo pace alle nostre braccia e alle nostre anime finché non restaureremo la democrazia e la libertà in Venezuela», giura il leader dell'opposizione.


Buongiorno, Juan Guaidó. Qual è l'attuale situazione sociale ed economica del Venezuela?
«L'economia e lo Stato sono al collasso. Ogni giorno, i bambini muoiono negli ospedali pubblici a causa di malattie prevenibili o per malnutrizione. Accade lo stesso con gli anziani. Ogni giorno si registrano più di 70 omicidi. Lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza nelle strade, la fornitura di elettricità e l'acqua potabile. A marzo, in media, abbiamo avuto solo 7 giorni di servizio elettrico. La povertà è aumentata fino al 90% e oltre il 65% dei venezuelani soffrono regolarmente di fame».

Lei ha più volte ventilato la possibilità di invocare l'articolo 187 della Costituzione, che consente al Parlamento di «autorizzare missioni militari straniere nel Paese». Siamo vicini a un intervento militare degli Usa?
«L'articolo 187 è una facoltà che la Costituzione riconosce all'Assemblea Nazionale (Il Parlamento, ndr). Sarà l'organo a decidere collegialmente se invocarlo o meno. Io ricordo solo ai parlamentari che possiedono questa facoltà».

Le è stata revocata l'immunità e nei suoi confronti è stato instaurato un processo simile a quello contro Leopoldo Lopez, il leader delle proteste del 2014 oggi in carcere. Teme di essere arrestato a breve?
«Fin dal primo giorno ho corso dei rischi per l'integrità fisica e la libertà della mia famiglia; dei miei collaboratori e per la mia. Ma la mia più grande paura è che la dittatura continui al potere».

Lei ha già sfidato il chavismo uscendo dal paese, nonostante il divieto, per fare un tour in Sud America. Ha intenzione di farne un altro venendo in Europa e in Italia?
«Non escludo questa possibilità. Possediamo legami storici e familiari molto forti con Paesi come Italia, Spagna e Portogallo. E il sostegno delle democrazie europee è molto importante per noi».

A maggio ci saranno le elezioni europee ed è possibile che la nuova Commissione cambi linea rispetto a quella attuale. Si aspetta una presa di posizione più forte sulla crisi venezuelana?
«Sì, spero in una posizione più decisa. Se l'Europa vuole contribuire a un cambiamento pacifico e positivo in Venezuela, deve agire in blocco. Che la dittatura di Maduro senta tutto il peso politico, diplomatico ed economico dell'Europa».

Le elezioni potrebbero mutare anche gli equilibri del governo italiano, se la Lega dovesse superare il Movimento 5 Stelle. Matteo Salvini vorrebbe riconoscerla come Presidente, il M5S no. Confida in un cambio?
«Mi auguro soprattutto che il governo italiano, rappresentante di una nazione con la quale abbiamo così tanti legami, porti avanti una causa comune con le altre potenze europee sul Venezuela».

Secondo lei, perché il M5S si rifiuta di riconoscerla come Presidente ad interim?
«Non sarebbe prudente da parte mia valutare questa posizione senza una conoscenza dei criteri di questo movimento. Posso solo dirgli una cosa: cercate la verità nei fatti».

Con quali soldi, finora, è riuscito a finanziare le manifestazioni dell'opposizione e i viaggi dei suoi rappresentanti?
«Le nostre risorse sono davvero limitate. Non abbiamo accesso alla televisione nazionale, quindi abbiamo utilizzato i social network, i media internazionali e la copertura dei coraggiosi giornalisti venezuelani. I nostri rappresentanti all'estero finanziano le loro attività da soli, perché non possiamo ricompensarli».

Le piacerebbe incontrare Papa Francesco e chiedergli una posizione più dura sulla crisi venezuelana?
«Rispettiamo le opinioni di Sua Santità e sappiamo che si mantiene parecchio informato sulla nostra realtà tramite i cardinali e i vescovi venezuelani».
 
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