Venezuela, Guaidò chiama i militari alla rivolta. Maduro: «Fermiamo il golpe». Blindati contro la folla, decine di feriti

Venezuela, Guaidò chiama i militari alla rivolta. Maduro: «Fermiamo il golpe». Blindati contro la folla, decine di feriti
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Martedì 30 Aprile 2019, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 14:06

«Il momento è adesso». Dopo quattro mesi di crisi istituzionale, di dramma umanitario, di appelli alla «fine dell'usurpazione» del presidente venezuelano Nicolas Maduro, il leader dell'opposizione Juan Guaidò ha rotto gli indugi e lanciato l'Operazione Libertà: in un video ha chiamato i militari alla ribellione e il popolo a scendere di nuovo in piazza. Circondato da soldati pesantemente armati, nella base aerea di La Carlota a Caracas, l'autoproclamatosi presidente ad interim, riconosciuto da una sessantina di Paesi, era affiancato dall'attivista Leopoldo Lopez, arrestato nei mesi scorsi e liberato dagli arresti domiciliari nelle ultime ore proprio dai quei militari che hanno deciso di schierarsi al fianco di Guaidò.

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Ma Maduro non molla. Il presidente rivendica la lealtà dei comandanti militari e chiama a sua volta a una «mobilitazione popolare» per fermare il colpo di Stato: «Vinceremo». Il vicepresidente del Partito socialista unito, Diosdado Cabello, ha invitato i chavisti a recarsi al Palazzo presidenziale di Miraflores per difendere la Costituzione e il presidente Maduro. Il mondo si divide, seguendo più o meno gli stessi schieramenti che si erano visti nelle prime settimane della crisi: gli Stati Uniti, i primi a riconoscere la legittimità di Guaidò, sostengono la sua battaglia per la democrazia con il presidente Donald Trump che sottolinea di «stare con il popolo venezuelano», mentre la Russia accusa l'opposizione di fomentare il conflitto. 



L'Europa, divisa, resta in silenzio. L'Italia, preoccupata per le centinaia di migliaia di italo-venezuelani, ha rinnovato l'appello a una «transizione politica pacifica» attraverso «nuove elezioni presidenziali pienamente libere». I Paesi latinoamericani si schierano con l'oppositore, tranne Cuba e la Bolivia che condannano un tentativo di colpo di stato diretto dall'estero. «Preoccupato» il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che lancia un appello alle parti alla moderazione. Per le strade di Caracas si sono registrati scontri tra l'esercito di Maduro e i militari che appoggiano Guaidò, che come lui indossano una fascia azzurra al braccio per distinguersi dai soldati del fronte opposto. I feriti sarebbero decine, tra cui almeno un militare, fedele al governo chavista, colpito fuori dalla base di La Carlota. 

 


Le immagini televisive hanno mostrato anche blindati dell'esercito che avanzavano sulla folla investendo almeno un dimostrante. Gli attivisti hanno denunciato il blocco di internet, anche se a intermittenza, e ad alcuni servizi sui social network. Anche le trasmissioni della Bbc e della Cnn sarebbero state oscurate. La situazione è tesa, tanto che il Dipartimento di Stato Usa ha invitato i cittadini americani presenti in Venezuela ad abbandonare subito il Paese, dove tra le altre cose rischiano anche la detenzione. 
 

Secondo l'agenzia Reuters, Erik Prince, fondatore della Blackwater e influente sostenitore del presidente Trump, ha predisposto un piano per schierare 5.000 mercenari a fianco di Guaidò e rovesciare Maduro. E sta da tempo cercando investitori e sostegno politico tra le file dei supporter del tycoon e i venezuelani in esilio. Guaidò dopo aver lasciato la base di La Carlota è poi tornato in piazza ad arringare i suoi sostenitori: «Abbiamo parlato con i nostri alleati nella comunità internazionale e abbiamo il loro forte sostegno. L'Operazione Libertà è iniziata e resisteremo fino a raggiungere un Venezuela libero».

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