Scoperto veliero del 1700: il naufragio dell'esploratore James Cook è un mistero. È "guerra" tra archeologi

Nella foto della CBS il capitano James Cook (1728-1779)
di Laura Larcan
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Giovedì 3 Febbraio 2022, 21:44 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 02:53

Una nave leggendaria, il mito dell’esploratore inglese pioniere delle scoperte nell’Oceano Pacifico, due èquipe di archeologi subacquei che fanno a braccio di ferro per rivendicare la paternità della scoperta. Una storia da film. Protagonista? Un veliero affondato quasi 250 anni fa e cercato negli ultimi due decenni sul fondo del Pacifico, come fosse un tesoro prezioso. Parliamo della nave Endeavour dell’esploratore e navigatore inglese James Cook che sembra sia stata ritrovata. Quello che è sotto stretta osservazione degli studiosi è un deposito di reperti che appaiono indizi chiave, come le grande travi di legno di fattura europea. Ma il condizionale resta d’obbligo.

IL SITO DEL NAUFRAGIO

Siamo al largo di Newport Harbor, a Rhode Island, dove una squadra internazionale di archeologi e tecnici ha ristretto la ricerca dopo aver setacciato un’area di circa cinque chilometri quadrati. È questo, infatti, il punto strategico che corrisponderebbe al sito del naufragio, dove si credeva che il veliero di Cook (varato nel 1764) fosse stato deliberatamente affondato dagli inglesi durante la rivoluzione americana (nel 1778).

Eppure il clima di mistero aleggia ancora sull’impresa. La nave di Cook resta ancora un giallo. Al centro di una discussione. Da un lato, gli esperti australiani che hanno diffuso per primi la notizia della scoperta, dichiarando di essere convinti di aver trovato il relitto. Dall’altro, gli americani che non sono d’accordo (rimasti scottati dalla corsa all’annuncio dei partner). Gli archeologi statunitensi hanno prontamente replicato dicendo che i risultati erano prematuri. Andiamo per ordine, allora.

IL CAPITANO ESPLORATORE

Cosa non si fa per svelare l’ultimo tassello del puzzle di James Cook. Uomo del Settecento, pioniere delle esplorazioni marittime, uomo che ha legato la sua carriera e la sua leggenda alle spedizioni per la Società Reale inglese (aprendo di fatto la strada al colonialismo inglese), attraversando l’Oceano Pacifico, seguendo le coste orientali dell’Australia, scoprendo in Nuova Zelanda (era il 1770) lo stretto che porta il suo nome, e nel 1777 le isole dette di Cook e le odierne Hawaii (nel 1778), da lui dette Sandwich. Fine ingloriosa, gli uomini delle tribù locali lo uccisero il 14 febbraio del 1779. Pare che abbiano fatto bollire persino le parti del corpo smembrate.

Primo atto, è stato Kevin Sumption, amministratore delegato dell’Australian National Maritime Museum, a convocare la stampa a Sydney per rivelare la scoperta: «Siamo convinti di aver trovato il relitto dell’Endeavour dopo aver abbinato i dettagli strutturali e la forma dei resti a quelli sui piani originali. Sulla base di prove d’archivio e archeologiche, sono convinto che sia l’Endeavour», ha detto. Come riporta la CbsNews, Sumption ha aggiunto: «Sono soddisfatto che questo sia l’ultimo luogo di riposo di una delle navi più importanti e controverse nella storia marittima dell’Australia». Secondo Sumption: «Gli ultimi pezzi del puzzle dovevano essere confermati prima che mi sentissi in grado di fare annunci».

Subito, la replica americana che rivendica innanzitutto la guida principale del progetto di ricerca. La dottoressa Abbass, direttore esecutivo del Rhode Island Marine Archaeology Project, ha lanciato l’affondo: il suo gruppo rappresenta l’organizzazione principale nello studio a Newport Harbor. «Quello che vediamo sul sito del naufragio in studio è coerente con ciò che ci si potrebbe aspettare dall’Endeavour, ma non sono stati trovati dati indiscutibili per dimostrare che il sito è quella nave iconica, e ci sono molte domande senza risposta che potrebbero ribaltare tale identificazione. Quando lo studio sarà terminato, il RIMAP pubblicherà il rapporto legittimo». Più tardi, terza puntata, Kieran Hosty manager dell’archeologia marittima del museo australiano ha parlato con l’Australian Broadcasting Corporation, fornendo ulteriori dettagli a supporto della loro tesi: comprese le dimensioni delle travi, costruite in Europa, e i fori di affondamento nella chiglia. Di fatto, solo il 15% circa della nave si è conservato fino ad oggi. La speranza è che si mettano d’accordo per proteggere il relitto.

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