Elezioni Usa, David Axelrod: «Tra Trump e Biden a decidere sarà il Covid»

Elezioni Usa, David Axelrod: «Tra Trump e Biden a decidere sarà il Covid»
di Maria Latella
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Martedì 3 Novembre 2020, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 16:32

Sulla prima pagina di Believer il libro nel quale ha raccontato la sua vita e gli anni passati al fianco di Barack Obama, c'è una citazione di Robert Kennedy: «Il futuro non è un regalo. È un obiettivo». David Axelrod è stato uno dei più ascoltati consiglieri di Obama, il suo spin doctor. Nasce giornalista e poi analista politico ed è quel che continua a fare, come autorevole opinionista della Cnn nonché fondatore e animatore dell'institute of politics dell'università di Chicago. Un believer, un credente nella democrazia, come si definisce. Ecco come la vede alla vigilia del voto che incoronerà Trump o Biden.
Preoccupato per le tensioni che potrebbero esserci dopo il voto?
«Intanto è stimolante vedere la partecipazione a queste elezioni. Cento milioni di americani hanno già votato. C'è una certa maestà nel guardare la democrazia in azione, nel vedere le persone afferrare la ruota della storia. Ho passato tutta la vita a scommettere sul senso del popolo americano per la democrazia e ci credo ancora. Fino a nuovo avviso, non cambierò la mia opinione».
Giorni fa, parlando col New York Times, lei ha detto che le elezioni presidenziali del 2020 non sono elezioni normali.
«Sono elezioni al tempo della pandemia. Una tempesta perfetta in corso proprio mentre andiamo a votare. Non è mai successo nella storia degli Stati Uniti. Nel 1918 ci fu una pandemia, ma non con queste proporzioni».
Quanto è incerto il risultato?
«Dobbiamo fare i conti con quella che chiamo la sindrome da stress traumatico. Nel 2016 i sondaggi davano vincente Hillary Clinton e poi ha invece perso. Quel ricordo stressa molti di noi. In più esiste una mistica di Trump, ci sono suoi sostenitori che non considerano l'ipotesi che possa perdere. Quindi, anche se per molti sondaggi Biden è avanti, al momento c'è ancora incertezza. Anche il fatto che cento milioni di americani avranno già votato prima di oggi è un fattore di incertezza».
Molte delle schede, circa la metà, sono arrivate per posta. Come verranno scrutinate?
«Alcuni stati consentono di contare i voti per posta man mano che arrivano, altri no. La Florida per esempio dà un conteggio completo il giorno del voto. Se Trump perdesse in Florida il segnale sarebbe importante: nessun repubblicano ha vinto perdendo in Florida. Ma l'incertezza non riguarda solo il 3 novembre, potrebbe prolungarsi a lungo. Uno scenario da incubo potrebbe delinearsi se Trump si proclamasse vincitore in anticipo. Come fece George W. Bush contro Al Gore. Penso che in ciascuna delle due squadre, quella di Trump e quella di Biden, si stia valutando attentamente cosa dire e quando dire. Ma certo Trump non potrà proclamarsi vincitore se perde la Florida, o la Georgia, o la Carolina del Nord».
Il New York Times ha notato che Trump ha girato come una trottola il Paese mentre Biden si è visto meno. Il candidato democratico ha l'energia sufficiente per diventare presidente Usa?
«In questi giorni Biden ha partecipato a molte manifestazioni, anche insieme ad Obama. Lui ha incontrato la gente col sistema dei drive in, pensa che un presidente debba dare l'esempio. Trump invece non conosce limiti. In realtà il team di Biden ha cercato di proteggerlo nella convinzione che la cosa peggiore fosse avere un candidato ammalato di Covid, come è successo a Trump».
A proposito, a quali specialissime cure si è sottoposto Trump per superare la malattia in pochi giorni?
«So che c'è una teoria cospirazionista secondo la quale Trump non si è mai ammalato. Con lui mai dire mai, ma non ci credo. Penso piuttosto che l'abbiano riempito di steroidi e di altri farmaci. Una finzione avrebbe coinvolto i medici dell'ospedale o lo staff della Casa Bianca, e si sarebbe saputo».
Il fattore Covid avrà un peso sul voto per Trump?
«Avrà un peso enorme. Prima del Covid c'era molta gente che pur non amando Trump, guardava all'economia e se lo faceva andar bene. Ma oggi abbiamo perso 230 mila americani e sul Covid il presidente ha commesso tre errori. Prima ha minimizzato, poi si è dimostrato incompetente nella gestione della pandemia e infine ha mostrato scarsa empatia nei confronti degli anziani, i più fragili rispetto al contagio. Nel 2016, tra gli elettori anziani, Trump era in vantaggio di otto punti rispetto a Hillary. Oggi è in svantaggio di dieci. Perché un anziano vede che minimizza gli effetti del virus e di conseguenza pensa che sia disinvolto anche rispetto alla vita di tanti anziani».
In politica estera con Biden o con Trump le cose non cambieranno molto...
«Entrambi hanno un atteggiamento duro nei confronti di Pechino. Ma mentre Trump ha scelto il terreno dell'aggressività sulle tariffe, punendo la Cina ma anche il consumatore americano, Biden avrà un approccio diverso. Che interessa da vicino voi europei. Lui ripete spesso che se combini il peso dell'economia americana insieme a quello dell'economia europea puoi influenzare molto di più il comportamento della Cina».
E rispetto all'Europa? Come potrebbe comportarsi l'amministrazione Biden con l'Europa?
«Joe Biden crede in un rapporto molto più cooperativo, crede nelle alleanze e crede nella Nato. In più il suo programma punta molto sul rinnovo delle infrastrutture ormai vecchie, sulla decarbonizzazione, tutti aspetti che coinvolgono anche l'economia europea. Piuttosto, Biden avrà sicuramente un atteggiamento diverso nei confronti della Russia. Trump non ha mai davvero criticato Putin, i provvedimenti presi in questi anni rispetto alla Russia sono stati imposti dal Congresso. In America c'è la percezione che, rispetto alla Russia, non si sa per quale motivo, Trump sia comunque stato sempre malleabile».
Lei è amico di Barack Obama e conosce bene anche Michelle. Potrebbe esserci per lei un ruolo nell'amministrazione Biden?
«Michelle potrebbe avere un ruolo in qualsiasi campo, ma non è in cerca di un lavoro. Ha svolto assai bene i suoi otto anni di servizio e ora si concentra sulla Fondazione, sui temi che le interessano. Non posso escludere che in futuro accetti un ruolo speciale, ma un ruolo politico no, non ci credo».
È vero che se fosse eletto Joe Biden potrebbe lasciare la presidenza un anno prima alla sua vice Kamala Harris?
«Improbabile. Se vince, vorrà concludere il mandato. E' possibile che non si ricandidi e allora Kamala Harris sarà presumibilmente in prima fila per la nomination democratica».
Un'ultima cosa, David. Cosa farà se Donald Trump sarà il suo presidente per altri quattro anni?
«Amo molto l'Italia, forse posso venire a trovarvi. Comunque, lei mi conosce, sa che non ho una visione partigiana. Abbiamo avuto presidenti repubblicani con i quali non mi trovavo d'accordo ma che rispettavo perché prendevano sul serio la democrazia. Di Trump mi preoccupa lo spericolato disprezzo per le istituzioni. Posso sperare in una epifania di Trump, in un cambiamento. Ma è più una preghiera che una previsione».

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