L’uranio impoverito, o uranio depleto, Du (depleted uranium), è un metallo pesante utilizzato principalmente nella fabbricazione di armi e munizioni, ma non solo. Viene spesso usato per rinforzare le armature e rendere i proiettili più perforanti: viene concentrato in un dardo montato sulla punta della munizione. È in possesso di Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Cina e Corea del Sud. Gli americani lo sperimentarono in Iraq nel ’91, sparando più di 300mila proiettili. Non viene utilizzato solo in scenari da guerra, ma anche per zavorrare gli aerei, schermare le radiazioni, trivellare pozzi petroliferi, fabbricare bussole, mazze da golf, airbag.
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Le microparticelle di uranio impoverito, in caso di incendio o esplosione, possono restare nell’ambiente per migliaia d’anni e possono essere dannose.
Ma come si ottiene l’uranio impoverito? Da 12 kg di uranio naturale si ottiene circa un chilo di uranio arricchito al 5% di 235U - quello più pericoloso: viene utilizzato nelle centrali nucleari e nella costruzione delle bombe atomiche - e 11 chili di uranio impoverito, che è una sorta di scarto del processo di arricchimento. Viene definito “impoverito” perchè durante il processo di arricchimento la percentuale dell’isotopo fissile U-235 viene ridotta dallo 0,7% allo 0,2%. La sua percentuale di radioattività corrisponde a meno del 60% rispetto a quella dell’uranio naturale. La temperatura che si sprigiona nella sua esplosione, comunque, è sufficiente a frantumare il proiettile o la bomba, aumentandone l’effetto distruttivo. Le particelle sprigionate galleggiano nell’aria per poi ricadere a terra. Per via della sua alta densità, una munizione all’uranio impoverito riesce a raggiungere una velocità elevata. Se le particelle di uranio impoverito vengono inalate per un tempo prolungato, c’è il rischio di avvelenamento da metalli pesanti, ma c’è anche la possibilità di sviluppare diverse patologie oncologiche.