Li hanno chiamati «centri di filtraggio» e sono dei campi, delle tendopoli, in cui i deportati dall’Ucraina in Russia devono mostrare i documenti, sopportare interrogatori in cui viene messa alla prova la loro fedeltà a Putin. Dall’inizio della guerra sono già un milione le persone che vivevano nel territorio dell’Ucraina e che dopo l’invasione ordinata dal Cremlino sono stati portati oltre confine. In questo caso, certo, ci può essere una quota di persone che, spaventata dalla guerra nelle regioni orientali o magari con legami familiari con la Russia, ha scelto di fuggire verso Est. Ma per una parte consistente, anche sulla base di testimonianze raccolte da media indipendenti internazionali, è stata una imposizione. Molti sono costretti a lavorare, alcuni addirittura sono stati portati anche in province lontane, fino in Siberia.
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LAVORO
Il sindaco di Mariupol, Vadym Boichenko, ieri ha fornito questa analisi con dati relativi però alla sola cittadina portuale: «Abbiamo verificato le liste dei residenti deportati dai russi nel loro Paese.
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I russi cosa dicono? Le dichiarazioni ufficiali non negano il numero elevatissimo delle persone costrette a lasciare l’Ucraina per entrare nel territorio della Federazione, ma si fornisce una chiave di lettura differente: «Li abbiamo salvati». Dice il ministro della Difesa russo: dall’inizio del conflitto sono state portate dall’Ucraina in Russia un milione 100mila persone, tra cui 200mila bambini. «Nelle ultime 24 ore - ha detto il colonnello generale russo Mikhail Mizintsev - 11.550 persone, inclusi 1.847 bambini, sono state evacuate dalle aree pericolose delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, in Ucraina, in territorio russo senza il coinvolgimento delle autorità ucraine». Questi numeri coincidono con quelli che una settimana prima aveva diffuso il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov. Già questi numeri, forniti da Mosca, raccontano una tragedia perché parlano di un fiume di persone che hanno dovuto lasciare tutto ciò che avevano per fuggire. Se saranno confermate le testimonianze di chi parla di ucraini spediti anche in Siberia, a Vladivostok e in tutte le aree remote dove serviva mano d’opera, saremo di fronte a una operazione brutale. Un conto è la famiglia che viveva a Mariupol e aveva parenti nella vicina Rostov e che dunque ha scelto di mettersi in salvo a poche centinaia di chilometri. Discorso differente è la deportazione di massa in aree remote imposta da chi ha invaso l’Ucraina. Al confine orientale del Paese vi sono questi famigerati centri di filtraggio. Ad esempio ne sono stati segnalati a Novoazovsk e Bezimenne, tra Mariupol e Rostov.
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INTERROGATORI
Cosa succede in questi campi? Qualche settimana fa The Guardian ha raccolto la testimonianza di una donna di Mariupol che è passata da questo centro. Ha raccontato: «Il 15 marzo le truppe russe hanno fatto irruzione nel nostro rifugio antiaereo e hanno ordinato a tutte le donne e i bambini di uscire. Non è stata una scelta. La gente deve sapere la verità: gli ucraini vengono trasferiti in Russia, il Paese che ci sta occupando. Ci hanno portati in autobus con due o trecento altre persone a Novoazovsk. Una volta arrivati a una fermata, abbiamo dovuto aspettare per ore all’interno del bus fino a quando non ci è stato ordinato di attraversare un grande complesso di tende, in quelli che tutti chiamavano “campi di filtraggio”. Mi hanno interrogata a lungo, hanno controllato il mio telefono. Mi hanno chiesto cosa pensassi dell’Ucraina, mi hanno umiliata».
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