Il cartello è scritto a mano: «Offro un passaggio». «Posso ospitare otto ucraini» racconta Yarek Rudnicza, 42 anni, nella stazione di Przemyl, cittadina polacca di 60mila abitanti a una decina di chilometri dal confine con l'Ucraina. «Non aspetto nessuno in particolare, aiuto chiunque stia fuggendo dalla guerra». Vicino a lui sfilano famiglie scappate dai missili russi, ci sono soprattutto anziani, donne e bambine. Ma c'è anche chi fa il viaggio opposto. Mykola è un ragazzo di 25 anni che lavora nell'informatica. Quando è cominciata l'invasione lui era in vacanza in Messico: potrebbe chiedere ospitalità a un qualsiasi paese dell'Unione europea.
Vicino Alina, 27 anni, con cui ha condiviso la vacanza. Stanno aspettando un treno verso l'Ucraina. «Andiamo a Kiev». Ma perché non restate al sicuro in Polonia? «No - dice Mykola - voglio andare ad arruolarmi nei gruppi di difesa territoriale. Non sono un militare, ma devo aiutare il mio Paese». «Anch'io voglio tornare a Kiev - dice Alina - c'è la mia famiglia». Przemyl è vicino a Medyka, piccolo centro di frontiera, dove arrivano i gruppi di ucraini in fuga. Anche a piedi. Lungo la strada, nel parcheggio di un centro commerciale, centinaia di polacchi stanno portando farmaci e generi alimentari in un'area di raccolta di aiuti per chi fugge dalla guerra. E decine di giovani sono corsi a dare una mano, anche al confine. Dominica, 20 anni: «Lo so, molti pensano: come mai quando i migranti arrivavano da Paesi come l'Afghanistan, passando dal confine con la Bielorussia, era stato mandato l'esercito polacco a fermarli? A me è dispiaciuto. Però questa è una guerra che vediamo vicina, che colpisce un popolo a cui siamo molto legati, non possiamo voltarci dall'altra parte», Lukashenko, il dittatore bielorusso alleato di Putin, aveva usato in modo strumentale il flusso di incolpevoli migranti.
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SORELLE
A Medyka passano il confine Krystin e Victoria, sorelle di 14 e 17 anni.