BRUXELLES Il primo sì è arrivato, ed è uno storico mattoncino nel sentiero europeo dell’Ucraina. Adesso tocca ai Ventisette darvi seguito all’unanimità, tra una settimana. A meno di 24 ore dal viaggio a Kiev dei leader di Italia, Francia, Germania e Romania, Mario Draghi, Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Klaus Iohannis - visita che, grazie al pressing costruito da Roma, ha contribuito a superare l’opposizione di Parigi e Berlino -, la Commissione europea ha pubblicato questa mattina il suo parere sulla concessione all’Ucraina dello status di candidato per l’adesione all’Unione.
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Ed è un sì (condizionato) non solo per Kiev, ma anche per la Moldavia. La decisione sulla Georgia, che pure aveva presentato insieme agli altri due Paesi del defunto spazio post-sovietico la domanda di candidatura, è stata rinviata a un secondo momento, quando il panorama politico nazionale si sarà schiarito e Tbilisi sarà stata in grado di imboccare la via delle riforme. In una manciata di settimane - bruciando i tempi visti finora nel caso di adesione all’Ue (l’ultimo Paese è stata la Croazia nel 2013, da allora l'Ue vive una sorta di "fatica da allargamento") -, si è compiuto un allineamento degli astri senza precedenti.
E la linea che è passata è quella costruita con pazienza dal governo italiano, con Mario Draghi che ha lavorato ai fianchi Macron e Scholz, superando i tentennamenti di entrambi sull’immediata concessione della qualifica di candidato, l'uno scettico sulla prospettiva di lungo termine, l'altro per la differenza di trattamento rispetto ai Paesi dei Balcani, che bussano alla porta di Bruxelles da anni.
«L’Italia è il solo tra i grandi Paesi Ue a sostenere la candidatura di Kiev», aveva del resto ammesso candidamente al termine dello scorso summit dei leader, a fine maggio a Bruxelles, Draghi.
Del resto, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen lo aveva accennato durante la sua visita-lampo della settimana scorsa: si guarderà in particolare ai dossier stato di diritto, anti-corruzione e funzionamento della Pubblica amministrazione. Secondo il documento dell’esecutivo Ue, gli occhi saranno in particolare puntati sull’implementazione della legislazione sulla nomina dei giudici, sulla stretta sulla legislazione anti-corruzione, compresa la nomina di un Procuratore dedicato, e di quella anti-riciclaggio, insieme a maggiori garanzie per le minoranze nazionali.
Sono riforme che «ci è chiaro l’Ucraina vuole portare avanti», ha scandito von der Leyen; «il Paese ha già implementato il 70% delle regole Ue», ma «ancora resta da fare del lavoro importante». La Commissione monitorerà questi profili e riferirà agli Stati membri entro la fine dell’anno. La palla passa adesso decisamente nel campo dei governi. Nella speranza collettiva, a Bruxelles, che dimostrino una sintonia maggiore di quella vista con l’ultimo pacchetto di sanzioni. Dopo la concessione dello status di candidato, comunque, servirà una nuova votazione all’unanimità dei Ventisette, in un secondo momento, per aprire formalmente i negoziati per l’adesione con Kiev e Chisinau. Trattative destinate a durare, in ogni caso, anni.
Gabriele Rosana
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