L'Ucraina cambia strategia? Il generale Tricarico: «Con le nuove armi l’esercito di Kiev passerà all’attacco»

L’ex capo dell’Aeronautica: «Finora si sono solo difesi . Ma con gli aiuti degli altri Stati cambieranno strategia»

Tricarico: «Con le nuove armi l’esercito ucraino passerà all’attacco»
di Valeria Arnaldi
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Sabato 5 Marzo 2022, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 12:02

Inattesa, energica, massiccia. E forse, presto “aggressiva”, ossia prossima a cambiare strategia per passare dalla difesa all’attacco. La resistenza ucraina ha sorpreso l’offensiva russa, rallentandola. E ora, come dichiarato dal capo dell’esercito, si preparerebbe a cambiare modalità di combattimento. 

Generale Leonardo Tricarico, presidente Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, gli ucraini stanno per attaccare l’esercito russo? 
«Credo che la dinamica per la parte ucraina sia quella di utilizzare al massimo la guerriglia urbana o non urbana, non accettando un confronto diretto in cui l’esercito verrebbe massacrato, dato che le dimensioni sono nettamente inferiori, rispetto a quello russo, siamo a un quinto, un decimo.

Sarebbe uno scontro tra Davide e Golia. Questo non vuol dire che l’esercito debba stare fermo. La guerriglia può essere molto fastidiosa e può diventare determinante laddove arrivino le armi». 

Dunque, non si potrà effettivamente cambiare strategia fino a all’arrrivo delle armi? 
«Sicuramente le armi potrebbero dare un contributo forse determinante. Parliamo di strumenti abbastanza semplici da usare, non dico per un cittadino comune, ma sicuramente un soldato con un minimo di professionalità, in poco tempo, può diventare operativo. Diciamo che in un confronto in campo aperto Davide è destinato a perdere, se però trova la fionda giusta...».


Per questo, gli ucraini non attaccano i convogli russi fermi? 
«Non hanno armi per affrontare un convoglio. Lo scontro aperto, ora, sarebbe un suicidio». 


La resistenza, intanto, è riuscita a “sorprendere” l’esercito russo, rallentandone l’avanzata. 
«La fierezza ucraina ha giocato un ruolo importante, la reazione era totalmente inaspettata. Putin pensava di poter arrivare a Kiev, rovesciare il governo e metterci un suo uomo. In questo, sicuramente, è stato tratto in inganno dai suoi collaboratori. La risposta del Paese, però, è stata davvero inattesa, basti pensare che ci sono ucraini che partono dall’Italia per tornare a combattere nel loro Paese, sono cose da 1800, davanti alle quali tutti dovremmo almeno toglierci il cappello. Sono questa fierezza, il ruolo del presidente, che con le sue parole si fa benzina per i cittadini, e le armi che arriveranno i punti di forza degli ucraini, nello scontro. Non è un caso che la propaganda russa dia false notizie sulla fuga del presidente ucraino». 


 

Intanto, però, alcune città sono sotto assedio. 
«Di solito le guerre si combattono, prima di tutto, recidendo le “unghie” del nemico, distruggendo aerei, depositi di carburante e simili. Nella strategia russa ci sono molte anomalie. Tante cose non sono state fatte, probabilmente perché l’intenzione di Putin era quella di prendere l’Ucraina intera, non distrutta. E quindi si è fatto poco uso di droni e aviazione. A ciò si aggiungono le colonne corazzate ferme per giorni». 


Ora la Russia potrebbe cambiare strategia? 
«Potrebbe intervenire sulla condotta bellica, tentando di reimpostarla, per quanto possibile. La catena di alimentazione logistica e tecnica non è assolutamente commisurata alle necessità operative dell’esercito. C’è un problema di risorse, pensate per una guerra di pochi giorni».


Gli ucraini potrebbero approfittare di queste difficoltà? 
«Certo, ma servono le armi. Ho sentito alcuni pacifisti dire che non bisognerebbe inviarle alla resistenza. Questo significa vietare a un Paese il suo diritto alla legittima difesa. Siamo tutti per la pace, ma non mandare le armi significa negare la possibilità di difendersi a un popolo che si sta battendo e sta morendo». 


Quanto potrebbe durare la guerra? 
«Alcuni dicono due settimane, altri vent’anni. Potrebbe però anche durare all’infinito, come in Afghanistan. Ora nessuno può dirlo». 

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