Ucraina, cosa rischiamo se scoppia la guerra?

Quattro esperti descrivono gli scenari e spiegano quali sono i rischi collegati all’escalation

Ucraina, cosa rischiamo se scoppia la guerra?
di Marco Ventura
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Domenica 13 Febbraio 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 06:47

La guerra scoppierà oppure è ancora possibile fermarla? Quali saranno per l’Italia le conseguenze e i costi economici della crisi in corso? Quattro esperti descrivono gli scenari e spiegano quali sono i rischi collegati all’escalation in Ucraina.

ANDREA MARGELLETTI «Se nessuno arretra il conflitto diventerà l’unica alternativa»

Può davvero scoppiare la guerra? «Il rischio è reale, non tanto per gli interessi in gioco, quanto perché i diversi attori hanno portato la partita così avanti che è oggettivamente difficile immaginare come possano fare un passo indietro. Nelle relazioni internazionali la faccia conta ancora, purtroppo. Il pallino sta adesso nel campo di Putin». Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro Studi internazionali), ricorda che la Prima guerra mondiale si scatenò «perché nessuno riuscì ad arretrare, e si mise in moto il meccanismo perverso per cui la guerra diventa l’unica alternativa».

Chi rischia di più in caso di attacco russo all’Ucraina? «Mosca, perché potrebbe sì negarci il gas che importiamo, ma noi possiamo trovarlo altrove, mentre i russi perderebbero il cash, la valuta pregiata con cui noi europei lo paghiamo. Il soggetto forte siamo noi, non loro. Con tutto il rispetto, il cinese Yuan non ha lo stesso valore dell’euro o del dollaro. Oltretutto, la Russia ha difficoltà a tenere in vita uno strumento militare ormai ipertrofico per le loro possibilità. Arriva la primavera ma gli stipendi dei soldati vanno pagati, e Mosca soffrirebbe molto per le inevitabili, pesanti sanzioni economiche in caso di invasione. In termini militari, i russi possono conquistare l’Ucraina, ma dubito che riuscirebbero a tenerla».

MICHELE VALENSISE «Attaccare non conviene nemmeno alla Russia»

Che cosa si può fare per evitare il peggio? «Dobbiamo convincere la Russia che l’iniziativa militare non è nell’interesse di nessuno, sarebbe un fallimento per tutti». Michele Valensise, già segretario generale della Farnesina ed ex ambasciatore in Germania, la considera una mossa «gravida di rischi forse incommensurabili. Certo non risolverebbe nulla, e aggraverebbe una situazione di tensione già ora molto preoccupante. Ci vuole una de-escalation, una ripresa del dialogo. Nessuno in Europa ha intenzioni offensive nei confronti della Russia. Allo stesso modo, la Russia non deve avere intenzioni offensive nei confronti di un Paese alla cui sovranità teniamo molto».

È possibile una mediazione e chi potrebbe farla? «Mediazione è una parola grossa, qui bisogna convincere i russi che la pressione oltre un certo limite verso un Paese sovrano non può portare a niente. Ci vuole un allentamento di questa pressione, la disponibilità a ragionare sui fatti e sugli interessi, che sono meno divergenti di quanto possano sembrare a prima vista».

NATHALIE TOCCI «Possibili effetti sulla ripresa, la crisi ci tocca da vicino»

Perché l’escalation in Ucraina dovrebbe preoccupare gli italiani? «Perché sarebbe una guerra sul continente europeo. Spero ancora che una vera guerra non ci sia, ma se dovesse essere qualcosa di significativo avrebbe tutta una serie di ripercussioni non tanto di sicurezza in senso stretto per ciò che riguarda l’Italia, quanto dal punto di vista energetico ed economico». Fa notare Nathalie Tocci, direttore dello Iai, l’Istituto affari internazionali, che «tutto questo sta avvenendo nel bel mezzo di una crisi energetica e avrebbe un effetto sulla ripresa, di conseguenza la vicenda ucraina ci tocca molto da vicino».

È una crisi che dipende anche da fattori personali? «Nel caso di Putin questo elemento pesa moltissimo, perché sarebbe una guerra voluta non tanto dal suo establishment quanto da lui personalmente. Ma il fattore personale pesa in parte anche negli Usa, perché Biden cerca di recuperare la credibilità che aveva perso in Afghanistan. Tuttavia, resta che gli elementi strutturali prevalgono sui personalismi».

PAOLO MAGRI «Il prezzo del gas può crescere ancora, Italia vulnerabile»

Quanto costerebbe il conflitto? «Nemmeno mi avventuro nei costi di un ipotetico conflitto su larga scala. I costi della tensione sono invece già sotto i nostri occhi – dice Paolo Magri, vice presidente esecutivo e direttore dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) – e si traducono in una crescita dei prezzi del gas superiore a quella che ebbe il petrolio nella crisi del 1973. È facile quindi pensare che ulteriori tensioni, o addirittura un’invasione con le conseguenti e pesanti sanzioni che verrebbero decise contro Mosca, renderebbero l’attuale crisi energetica ancora più grave nei prossimi mesi, con un impatto significativo sulla ripresa post-pandemia dell’Europa».
 

 

Anche gli italiani, che sono già alle prese con il caro bolletta, avrebbero motivo di temere? «È una preoccupazione che tocca in modo particolare il nostro Paese, che pur importando gas russo meno di altri Paesi europei, dipende dal gas in modo significativo ed è quindi più vulnerabile alle sue variazioni di prezzo. Ciò che a tutt’oggi non conosciamo è l’effettiva volontà di Putin di dare il via libera a un’operazione che i russi peraltro hanno negato di voler fare. Certo che all’evidente escalation militare russa attorno all’Ucraina si sta affiancando una altrettanto forte escalation verbale e di allarmismo americana e non solo… Toni alti, che non necessariamente stanno aiutando il negoziato».