«E’ stato il sistema giudiziario a salvare il Paese dalla furia distruttiva di Donald Trump». Joe Biden ha tessuto le lodi dei giudici che hanno respinto le 63 cause sediziose con le quali i legali del presidente hanno cercato di sovvertire l’esito del voto. Lo ha fatto con il discorso più duro finora pronunciato contro il suo predecessore, e il più incisivo in quanto alle accuse che gli muove. Gli eventi di mercoledì sono stati «un assalto contro le fondamenta della nostra essenza comunitaria, oltre alla violazione della casa comune dei cittadini», ha detto Biden. E poi: «Nessun presidente è un re. Viviamo in uno stato di diritto».
Biden: «Trump ha incitato all'assalto, non è al di sopra della legge». I dem: via dalla Casa Bianca
Regole certe
Nel presentare ieri il ministro per la giustizia Merrick Garland, Biden ha ricordato come il dicastero sia stato creato negli Usa a metà dell’800 per difendere i diritti dei neri oppressi dalla schiavitù e ha promesso che il ministro non sarà il suo avvocato personale, ma il difensore di tutti gli statunitensi.
Idi di marzo
Ma in tema di pugnalate, siamo in piene idi di marzo: il deputato repubblicano Adam Kinzinger, è stato il primo a presnetare a Pence presentargli la richiesta formale di applicare il 25mo emendamento. Il probabile, futuro leader del senato Chuck Schumer si è accodato: «Questo presidente non deve restare in carica per un solo altro giorno». Ma il ritmo delle defezioni del gabinetto al quale stiamo assistendo, potrebbe impedire il voto richiesto dalla legge da parte dei membri dell’esecutivo.L’altra ipotesi sul tappeto è quella dell’impeachment. La richiesta è stata già formalizzata dalla deputata Ilhan Omar, e firmata dal resto della “banda delle quattro”: Alexandra Cortez, Ayanna Presley e Rashida Tlayb, oltre che altri dieci democratici.
La cordata parallela
Una cordata parallela si sta formando anche tra i repubblicani, con il consenso di almeno 30 tra loro. Trump che è stato già sanzionato nel 2019 e poi assolto al senato per mancanza di voti, sarebbe l’unico presidente a essere sottoposto alla procedura due volte. Se condannato, anche anni dopo aver lasciato la Casa Bianca, sarebbe però escluso in futuro dalla vita politica, e quindi dalla corsa elettorale del 2024. Questo quadro deve essere ben presente nella mente del presidente uscente, se è vero, come ha anticipato ieri il New York Times, che dalla sua tana dell’ufficio ovale sta di nuovo meditando di concedersi la grazia prima che le mani della giustizia si posino sulle sue spalle. La sua statura di politico è in frantumi, e l’immagine che consegnerà alla storia sarà pietosa, ma il sogno di invulnerabilità che ha accompagnato la sua presidenza, non è ancora battuto.
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