Truffe dagli influencer imbroglioni, i follower denunciano: «Post ingannevoli e raggiri». Via alla prima class action

Secondo un rapporto, 6 su 10 violano le norme di concorrenza e trasparenza

Truffe dagli influencer, i follower denunciano: post ingannevoli e raggiri. Via alla prima class action
di Francesca Pierantozzi
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Martedì 24 Gennaio 2023, 06:29 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 09:20

Prodotti finanziari sponsorizzati da carte Pokemon, tombole umanitarie, falsi cosmetici di false marche che però provocano vere allergie, bolle e cadute di capelli, pratica illegale della medicina, investimenti bufala, e via dicendo fino ad arrivare a una massa di internauti truffati per milioni di euro. Ieri sono stati in 102 ma la cifra continua ad aumentare ogni giorno ad annunciare la prima class action contro gli influencer imbroglioni. Il collettivo Avi (Associazione vittime di Influencer) ha organizzato una conferenza stampa a Parigi con i legali dello studio Ziegler, specializzato in frodi bancarie e criptomonete, per lanciare una battaglia definita «storica». L'accusa: «truffa in banda organizzata» e «abuso di fiducia».

GLI AFFARI

Nel mirino, anche se le denunce sono contro ignoti, una coppia di influencer francesi basati a Dubai e un progetto finanziario, Animoon, che ha coinvolto oltre 5mila investitori in tutto il mondo per un giro di affari di oltre 6milioni di euro e che vede molto attivi Marc e Nadir Blata, nomi d'arte di una coppia di influencer francesi domiciliati negli Emirati. L'iniziativa arriva in un momento di riflettori puntati sul settore. Come in Italia, dove a ottobre è nata la Assoinfluencer, prima associazione italiana di categoria inserita nell'elenco delle professioni del ministero dell'Economia, anche in Francia i lavoratori del settore content creator, podcaster, youtuber, streamer, instagrammer e cyber atleti si sono riuniti nel primo sindacato di categoria, l'Umicc (Unione dei mestieri dell'influenza).

Per ora il sindacato riunisce un centinaio tra gli influencer più famosi di Francia, ognuno dei quali conta tra i 100mila e fino a 18 milioni di abbonati sui loro social. Primo obiettivo è proprio bonificare il settore, lottare contro le pratiche irregolari, in particolare la promozione occulta di marchi, o disciplinare il dropshipping (attività di influencer che vendono prodotti sui loro profili facendo da tramite con piattaforme di vendita online).

Gli aderenti al nuovo sindacato dovranno ottenere il certificato di influenza responsabile per poter poi ottenere il marchio di creatori ufficiali. Il tutto è stato incoraggiato dal ministero dell'Economia in previsione di una proposta di legge per «inquadrare meglio il settore». Troppo poco per il Collettivo dei truffati: «È positivo che ci sia dibattito, ma le derive degli influencer vanno ben oltre il dropshipping. È per questo che abbiamo deciso di agire». Sul gruppo twitter che hanno creato, testimonianze e richieste di aiuto arrivano ogni giorno. In particolare, le denunce puntano il dito contro la vendita di pseudo prodotti finanziari in gettoni token, sponsorizzati con video convincenti (almeno per sprovveduti aspiranti investitori che magari seguivano da anni le peripezie dei loro beniamini). Per quanto riguarda il progetto Animoon, l'iscrizione sulla piattaforma prevedeva un investimento iniziale di minimo 500 euro e guadagni assicurati: «È come mettere da parte i tuoi risparmi in banca. Più investi, più guadagni».

VUOTO GIURIDICO

In realtà gli influencer ricevono una remunerazione per ogni versamento che riescono a propiziare. Quanto ai presunti guadagni, per ora sono state contabilizzate - e probabilmente molto al ribasso - soltanto le perdite. La denuncia partita da Parigi dovrebbe riuscire a colmare il vuoto giuridico in cui versa ancora Instagram, mentre Snapchat, social frequentato da un pubblico ancora più giovane, ha di recente rafforzato i controlli e i divieti sulla promozione di prodotti finanziari.

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