TikTok, la figlia di 9 anni muore asfissiata per la "Blackout challenge": genitori denunciano il social media

La piccola Arriani Jaileen Arroyo era morta per asfissia il 26 febbraio 2021

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di Valentina Venturi
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Sabato 23 Luglio 2022, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 14:47

Una tragedia evitabile? Nel Wisconsin una famiglia ha citato il social media TikTok per la morte della figlia di 9 anni: la bambina è deceduta dopo aver tentato la cosiddetta "Blackout challenge" resa popolare sui social media. Lo riporta l'Abc, che precisa come la piccola Arriani Jaileen Arroyo sia morta per asfissia il 26 febbraio 2021. 

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La "sfida" su TikTok

La sfida in questione prevede che per mettere alla prova la propria resistenza, si leghi al collo una corda, una sciarpa o una cintura, da soli o con l’aiuto di qualcuno. La sfida viene filmata e postata su TikTok con l’hashtag #BlackoutChallenge. Adesso la famiglia Arroyo, insieme ai genitori di Lalani Walton, 8 anni originaria del Texas e morta anche lei per asfissia per strangolamento il 15 luglio 2021, si sono affidati al "Social Media Victims Law Center" e hanno intentato una causa contro TikTok per conto delle loro figlie.

I genitori della piccola

La madre di Arriani, Christal Arroyo Roman a "Good Morning America" ha dichiarato: «Non è facile svegliarsi ogni giorno e sapere che la tua bambina non tornerà mai più. Non sentirai mai la sua voce, non la vedrai mai sorridere o la sentirai dire 'Ti amo'». Le due famiglie distrutte chiedono risposte a TikTok: gli Arroyo hanno dichiarato a "ABC News" che si sono fatti avanti nella speranza di impedire che altri bambini diventino vittime. «Vogliamo solo che le persone siano consapevoli - ha detto il padre di Arriani, Heriberto Arroyo Roman - , perché non vogliamo che nessun altro bambino là fuori sia di nuovo una statistica di questa situazione.

Vogliamo assicurarci di poter salvare altri bambini».

La causa

Secondo la causa intentata il 30 giugno dal "Social Media Victims Law Center" a nome delle famiglie, più bambini di diversi stati e paesi sono morti l'anno scorso per asfissia dopo aver tentato questa "Blackout challenge": la causa afferma specificamente che "l'algoritmo di TikTok è stato progettato per promuovere le 'TikTok Challenges' ai giovani utenti per aumentare il loro coinvolgimento e massimizzare i profitti di TikTok" e che la società era consapevole del fatto che alcune delle sfide presumibilmente promosse ai giovani potessero essere mortali, ma che non ha agito per correggere il problema.

«TikTok non ha intrapreso nessuna azione, o del tutto inadeguata, per bloccare e prevenire la diffusione della "Blackout Challenge" e in particolare per impedire all'algoritmo di indirizzare i bambini alla challenge, nonostante l'avviso e/o la prevedibilità che questa scelta avrebbe inevitabilmente portato a più feriti e morti, compresi i bambini», si legge nella causa. Secondo i "Centers for Disease Control and Prevention", diverse versioni della sfida - a volte chimata come il "gioco del soffocamento" - esistono da anni e sono antecedenti ai social media, ma la causa sostiene che l'algoritmo della sequenza temporale infinita di TikTok abbia esposto i bambini a tendenze con risultati mortali.

I legali

Matthew Bergman, fondatore del "Social Media Victims Law Center" e avvocato del caso, ha dichiarato ad "ABC News" che la causa è focalizzata sulle preoccupazioni di TikTok per la redditività, presumibilmente senza riguardo per gli effetti dannosi che la sua ingegneria può avere sugli utenti più giovani della piattaforma. «Questo è un caso per salvare i bambini - ha dichiarato Bergman - Intendiamoci, i bambini vengono inviati a queste sfide dagli algoritmi di TikTok. Questo non è un caso e non è una coincidenza».

Bergman e la famiglia Arroyo affermano che eventi tragici come la morte di Arriani e Lalani erano prevedibili e prevenibili da TikTok, che secondo loro la piattaforma promuove la «dipendenza ingegnerizzata», una caratteristica usuale su molte piattaforme di social media popolari che include «lo scorrimento continuo, i tag, le notifiche e le storie dal vivo. TikTok progetta il suo prodotto di social media per mantenere gli utenti, e in particolare i giovani utenti, coinvolti più a lungo e tornare per di più», afferma il reclamo.

Contattato per un commento, un portavoce di TikTok ha indicato ad ABC News una dichiarazione rilasciata l'anno scorso dalla società, ma non ha affrontato le accuse secondo cui gli algoritmi della piattaforma indirizzano i bambini a contenuti pericolosi. Ecco la dichiarazione: «Questa inquietante 'sfida', di cui le persone sembrano venire a conoscenza da fonti diverse da TikTok, precede da tempo la nostra piattaforma e non è mai stata una tendenza di TikTok. Rimaniamo vigili nel nostro impegno per la sicurezza degli utenti e rimuoveremmo immediatamente i contenuti correlati se trovati. Il nostro le più sentite condoglianze vanno alla famiglia per la tragica perdita». Attualmente, la ricerca dell'hashtag "sfida al blackout" su TikTok reindirizza gli utenti alle linee guida della community dell'applicazione, cosa che in genere viene eseguita quando determinati hashtag sono correlati ad attività dannose.

Gli esperti

Il dottor Dave Anderson, uno psicologo clinico del "Child Mind Institute", parlando con "GMA" ha messo in guardia i genitori sui rischi di cui parlare con i bambini piccoli che si trovano sui social media: «Se vedi qualcosa online e capisci che le persone lo definiscono come divertente, inizi anche tu a giocare a una cosa particolare e si abbassa la percezione dei rischio». Anderson ha sottolineato anche quanto sia importante che i genitori parlino ai bambini della transizione dal mondo virtuale alla realtà: «Quello che vedono online, proprio come cartoni animati o film, potrebbe non essere reale».

Linda Charmaraman, Ph. D., ricercatrice senior presso i "Wellesley Centers for Women" e direttrice del "Youth, Media & Wellbeing Lab", è specializzata nella ricerca sull'adolescenza della prima infanzia e ha affermato come il monitoraggio non sia sufficiente perché anche il più «attento genitore» può perdere quel momento cruciale in cui un bambino piccolo resta influenzato e si fa male con i social media. «[I bambini] hanno questa fiducia che non accadrà loro niente di male - ha dichiarato Charmaraman a ABC News - E non pensano così attentamente come qualcuno che ha due o quattro anni in più, che potrebbero esserci conseguenze non solo sulla loro salute fisica, ma anche sulla loro salute mentale, sulla loro salute spirituale». 

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