Terremoto Turchia, pigiamini insanguinati e salvataggi da film: il dramma dei sepolti vivi

Bimbi sorpresi nel sonno e intrappolati sotto le macerie delle loro camerette. In Turchia il 29% della popolazione ha meno di 15 anni

Terremoto Turchia, pigiamini insanguinati e salvataggi da film: il dramma dei sepolti vivi
di Claudia Guasco
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Martedì 7 Febbraio 2023, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 13:00

Quando la terra ha cominciato a tremare, i bambini dormivano da un pezzo. Molti sono passati in un soffio dal sonno alla morte, tanti sono stati tirati fuori da piccole bolle salvavita, spazi salvifici tra le macerie delle abitazioni distrutte e dei palazzoni collassati. Non piangono, si stringono forte ai soccorritori, si guardano intorno senza riconoscere più quella che fino ai ieri era la strada davanti a casa.

A MANI NUDE

La Turchia è un Paese giovane, il 29% della popolazione ha meno di 15 anni e sotto i muri crollati ci sono centinaia di bambini. Ogni salvataggio è un miracolo di tenacia e pazienza. I vigili del fuoco spostano un pezzo di cemento alla volta, seguono le voci che sembrano arrivare dal cuore della terra. È così che, a dodici ore dalla prima scossa, salvano un bambino e una bambina a Malatya: provano a muovere qualche passo, li sorreggono, sembra stiano bene. Il giornalista televisivo Yuksel Akalan sta trasmettendo in diretta dalla città e arrivano altre due scosse di assestamento, mamma e figlia emergono dalla polvere di un edificio e lui le aiuta a mettersi in salvo, rassicurando la ragazzina. Da sotto le macerie arrivano video e messaggi, appelli di chi è ancora vivo, il telefono è l'ultimo legame con la vita. Mani nude tra la polvere e ore di scavi anche nella provincia sud-orientale di Sanliurfa, per recuperare due sorelle.

Viene estratta per prima la più piccola, tre anni e un pigiamino bianco sporco di sangue, poi la sorella maggiore. È a piedi nudi, coperta di polvere, i capelli lunghi e neri arruffati, la ripescano da un buco, tirandola fuori per le spalle. A Kahramanmaras fratello e sorella vengono sistemati sulle barelle, i volontari fanno fatica a staccarli dai genitori incuranti della bufera di neve. Il gelo rende tutto più difficile. «Il terremoto ha colpito in un momento in cui migliaia di bambini e famiglie sono già vulnerabili a causa del freddo inverno, condizioni economiche di difficoltà e mancanza di elettricità», afferma Adele Khodr, rappresentante Unicef.

 

Ad Hatay un salvataggio si complica. Un bambino di dieci anni è intrappolato dalla vita in giù, non dice nulla ma gli occhi scuri che si muovono da una parte all'altra parlano per lui. Tutti intorno scavano, tranciano travi con le pinze, lo rassicurano e con forza di volontà superiore ai mezzi a disposizione lo salvano. Ad Hatay quattro fratelli, uno dietro l'altro, escono da un buco: i primi sono piccoli e sgusciano fuori in fretta, il più grande fa fatica. Quello che li aspetta fuori fa paura come la voragine che li ha inghiottiti: il freddo, la neve, l'attesa di mamma e papà sepolti. Figli che cercano i genitori e padri che perdono i figli. A Jindayris, città siriana nordoccidentale, un padre tiene in braccio il corpo senza vita del suo bambino avvolto da una coperta rossa. «Dodici anni di conflitto in Siria hanno lasciato le famiglie nel baratro. Stavano già lottando per nutrire i propri figli, per tenerli al caldo quest'inverno e per mandarli a scuola. Ora i bambini rischiano di essere intrappolati sotto le macerie, separati dai loro familiari e di non sapere se la notte avranno un posto caldo dove dormire. Le scosse di assestamento continuano, provocando ulteriore terrore», dice Okke Bouwman di Save the Children Siria.

I PROFUGHI

Il terremoto che ha devastato la Turchia e le vicine regioni della Siria ha ucciso bambini ma anche bruciato il futuro di chi è sopravvissuto. Le statistiche dicono che circa 1,2 milioni di minori di età compresa fra 5 e 17 anni tra il 2021 e il 2022 non si sono iscritti a scuola e in città al confine siriano come Kilis si aggiunge il dramma dei profughi. «Si fermano qui perché non riescono a proseguire il cammino, spesso si tratta di mamme sole con figli piccoli perché i papà sono morti in guerra o imprigionati - racconta Paola Viola, presidente di Una mano per un Sorriso, da oltre otto anni a Kilis - Vivono in sottoscala, negozi sfitti, case fatiscenti, quindi ancora più danneggiate dal sisma». Si stima che centinaia di bambini siano ancora sotto le macerie. E si continua a scavare.

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