Nancy Pelosi a Taiwan: «Qui per la democrazia». La Cina fa alzare i caccia: «Gli Usa sono dei traditori»

La Casa Bianca la difende: viaggio legittimo. Navi e aerei militari schierati attorno all’isola

Taiwan, jet cinesi vicino all'isola: Pechino intensifica l'attività militare, sale la tensione per l'arrivo di Nancy Pelosi
di Flavio Pompetti
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Martedì 2 Agosto 2022, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 08:13

Il dado è tratto. Il jet che trasportava la leader della Camera di Washington Nancy Pelosi e cinque altri deputati, è atterrato ieri sera (le 16:30 in Italia) a Taipei, la capitale dell’arcipelago di Taiwan. La tappa nel viaggio asiatico dei politici statunitensi sta avvenendo contro la volontà del governo di Pechino, il quale rivendica sovranità territoriale su Taiwan, e nonostante le minacce ripetute del ministero degli Esteri cinese contro quella che viene vista come una provocazione e un incoraggiamento alle ambizioni separatiste degli isolani. La visita alza la barra della tensione tra le due maggiori potenze mondiali, nell’attesa di vedere già da oggi quale potrebbe essere la «risposta adeguata» che era stata promessa dal presidente Xi Jimping. 
 

ROSA CONTRO ROSSO 

Nancy Pelosi, che è la terza autorità istituzionale degli Stati Uniti, è scesa dall’aereo con un tailleur color rosa confetto, malignamente interpretato come un primo schiaffo alla bandiera rossa della Cina.

Il vessillo meno gradito a Pechino era comunque quello esibito in bella evidenza sulla pista dell’aeroporto dal velivolo, con le decorazioni a stelle e strisce sulla fusoliera. Una simbologia che la stessa Pelosi ha rimarcato con una lettera pubblicata dal Washington Post nel momento in cui l’aereo atterrava sull’isola del Pacifico, e nella quale rivendica la disponibilità degli Stati Uniti a sostenere la popolazione taiwanese «contro l’accelerata aggressione della Cina» e «in difesa di se stessa e della sua libertà». 

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Dal momento della ripresa dei rapporti tra Washington e Pechino nel 1979, gli stati Uniti hanno iniziato a fornire armi a Taiwan, dai bombardieri F15 ed F16 ai missili Patriot, oltre che elicotteri, sottomarini e carri Howitzer. Nessun altro leader della Camera era però atterrato sull’isola dopo il 1997, quando fu la volta del repubblicano Newt Gingrich. I cinesi sono infuriati. Una nota del ministero degli Esteri definisce l’avvenimento «una grave violazione della sovranità cinese, che ha un impatto severo sulle fondamenta del rapporto Usa-Cina». Come annunciato in precedenza, sono immediatamente iniziate manovre militari attraverso lo stretto di Taiwan, con navi e aerei militari schierati e colpi d’artiglieria a lungo raggio come «esercitazioni mirate». Il primo di agosto infatti cade la rituale celebrazione della fondazione dell’Esercito di liberazione popolare, del quale lo stesso Xi è comandante supremo, e la concomitanza non fa che esasperare tensioni che sono già molto violente.

IMBARAZZO CRESCENTE 

L’ambasciatore della repubblica popolare a Washington ha detto alla CNN che la scelta della Pelosi di confermare lo scalo a Taipei è una umiliazione per l’intera popolazione del suo paese. L’imbarazzo sarà ancora più forte oggi, quando la delegazione Usa farà visita al parlamento del Roc (Repubblica of China, ovvero i profughi dalla terraferma cinese, dopo la sconfitta nel 1949 per mano del Partito Comunista), e poi sarà ricevuta dalla presidentessa Tsai Ing-wen. 

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SI MUOVONO I CACCIA 

C’è il rischio che la tensione possa fare scoppiare una scintilla tra l’aviazione cinese che pattuglia sempre più da vicino l’arcipelago (ieri si sono anche alzati i caccia), e la Marina statunitense, che sta fornendo il supporto difensivo alla missione dei suoi politici. Joe Biden avrebbe preferito che la tappa fosse cancellata dal viaggio (anche se alla Cnn il portavoce della Sicurezza nazionale, John Kirby ha ribadito che il viaggio della Pelosi «è un suo diritto»), ma la sfida lanciata dalla Pelosi ha ricevuto il consenso di almeno 28 deputati repubblicani che hanno sottoscritto la sua decisione di andare avanti. Xi potrebbe essere tentato di forzare la mano nella risposta, ma ha anche buoni motivi per non farlo. Il presidente cinese sta per ricevere l’autorizzazione straordinaria ad estendere il suo potere per un terzo mandato, forse ottenere una sorta di consacrazione a vita al comando. L’ultima cosa di cui ha bisogno al momento è l’apertura di una crisi internazionale.

 

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