Sudan, la mutilazione genitale femminile diventa reato: si rischiano fino a tre anni di carcere

Sudan, la mutilazione genitale femminile diventa reato: si rischiano fino a tre anni di carcere
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Venerdì 1 Maggio 2020, 19:55 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 09:58

Il 30 aprile il governo di transizione del Sudan ha annunciato la messa al bando, attraverso un nuovo articolo del codice penale, delle mutilazioni dei genitali femminili. Ad annunciarlo è Amnesty International. Un passo avanti importante, non l’unico, - spiegano - da parte delle nuove autorità sudanesi al potere dal 2019 dopo la caduta del dittatore Omar al-Bashir. Da oggi si rischiano fino a tre anni di carcere.

Oggi, secondo le organizzazioni locali per i diritti umani, in Sudan nove donne su dieci vengono mutilate, come passaggio obbligatorio e pialstro del matrimonio. In molti altri Paesi oltre la metà delle bambine viene sottoposta a infibulazione. Anche per l’Unicef, nove donne su dieci di età compresa tra 15 e 49 anni hanno subito questa pratica barbara. La legge è dunque l’inizio di un percorso che dovrà essere basato anche sull’educazione e sulla sensibilizzazione.

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Secondo i dati più aggiornati di fonte OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono tra 100 e 140 milioni le bambine, ragazze e donne nel mondo che hanno subito una forma di mutilazione genitale, spiegano dall'Unicef. 
L'Africa è di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle MGF è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica, e circa 3 milioni di altre che ogni anno si aggiungono al totale.
 



La pratica è documentata e monitorata in 27 paesi africani e nello Yemen. In altri Stati (India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele) si ha la certezza che vi siano molti casi ma mancano indagini statistiche attendibili. Meno documentata è la notizia di casi in America Latina (Colombia, Perù), e in altri paesi dell'Asia e dell'Africa (Oman, Sri Lanka, Rep. Dem. del Congo) dove tale pratica non è mai assurta a tradizione vera e propria.
 
Infine, sono stati segnalati casi sporadici anche in paesi occidentali, limitatamente ad alcune comunità di migranti. 
Le stime sulla diffusione dell'infibulazone provengono da indagini socio-sanitarie su scala nazionale che vengono condotte tra donne di età inclusa tra 15 e 49 anni. La prevalenza del fenomeno varia considerevolmente da regione a regione all'interno del medesimo Stato: a fare la differenza è l'appartenenza etnica.

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