Spagna, Podemos in crisi: crollo di consensi da quando è al governo.

Il leader di Podemos Pablo Iglesias con la candidata basca Miren Gorrotxategi
di Elena Marisol Brandolini
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Mercoledì 15 Luglio 2020, 13:50 - Ultimo aggiornamento: 19:25

Barcellona. La scorsa domenica si sono celebrate elezioni nelle Comunità Autonome di Galizia e Paesi Baschi, le prime in Spagna con l’epidemia ancora in corso. Elezioni dal risultato scontato (con la riconferma per la quarta volta consecutiva del popolare Alberto Núñez Feijóo alla guida del governo gallego e di Iñigo Urkullu del Partito nazionalista basco che si ricandida a lehendakari con il sostegno dei socialisti) ma con una novità importante: la sonora sconfitta di Podemos. Nella precedente consultazione elettorale del 2016, Podemos veniva dal successo delle elezioni autonomiche e municipali dell’anno precedente, nonché dal terzo posto nelle politiche del dicembre 2015 che, per poco, non avevano prodotto il “sorpasso” del Psoe. In Galizia, nel 2016, Podemos con il movimento delle “Maree” ottenne il terzo posto con oltre 344.000 voti: da quella stagione vengono dirigenti come Yolanda Díaz, attuale ministra del Lavoro; oggi Podemos non ha più nessun rappresentante nel parlamento gallego.

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Nelle politiche del 2015, nei Paesi Baschi Podemos risultò prima forza politica per numero di voti; nelle elezioni di domenica, la sua rappresentanza nel parlamento basco si è ridotta di quasi la metà. Un fallimento riconosciuto dalla formazione viola che, negli ultimi 3-4 anni, è andata perdendo "fuelle", attrazione nell’elettorato. Può darsi sia in parte dovuto allo stare al governo in coalizione con il Psoe in una fase così drammatica come quella della gestione della crisi sanitaria e delle sue conseguenze socio-economiche; d’altronde gli stessi socialisti, domenica, hanno poco più che riconfermato il risultato di 4 anni fa. Ma nel caso di Podemos il ragionamento non può ridursi al semplice conflitto di ruoli governo-opposizione. Sono stati gli indipendentisti di sinistra a capitalizzare l’insuccesso podemista: in Galizia il il Bloque Nacionalista Galego (BNG) ha triplicato i seggi e nei Paesi Baschi Bildu ha migliorato il loro secondo posto; parte dell’elettorato basco di Podemos si sarebbe rifugiato anche nell’astensione, cresciuta di 8 punti. Entrambe le formazioni hanno mantenuto un profilo responsabile e intelligente nella politica spagnola, calibrando l’elemento identitario, indispensabile in queste due Comunità, con quello sociale, privilegiato in questa fase. Entrambi i partiti hanno scelto capilista donne, radicate nel territorio e riconosciute nelle loro battaglie di opposizione, attraendo il voto femminile e dei giovani e facendo breccia nell’elettorato progressista.

Sul risultato di Podemos è pesata la scelta di candidati deboli e sistemi elettorali penalizzanti; ma ancor di più sono state le faide interne agli apparati a dividere il patrimonio delle “maree” fino ad annullarlo, o a “calare” un gruppo dirigente del partito basco dal centro. Non è il progetto ideologico a mancare a Podemos, né la capacità di reinterpretarlo alla luce della nuova fase. Il partito erede degli Indignados ha sempre sostenuto di avere come obiettivo il governo, perché da lì si possono cambiare le condizioni di vita delle persone. Ma in questo momento, l’iniziativa del partito sembra ridursi all’azione di governo e questo restringe il gruppo dirigente a un nucleo di persone che rischia di perdere il riferimento sociale e fa a meno del radicamento nel territorio. Il risultato elettorale di domenica è molto locale, è un voto di stabilità, poco propenso ad affidarsi al nuovo.

Perciò non in grado di delineare una tendenza nazionale, ma sufficiente a sollevare gli allarmi nel partito morado.

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