Non ci sono prove e nemmeno testimoni. Per questo il tribunale distrettuale di Gujrat, nel Nord-Est del Pakistan, ha assolto il padre, il fratello, uno zio e la madre di Sana Cheema, la 25enne nata in Pakistan ma cresciuta a Brescia dove ha vissuto fino a dicembre 2017, uccisa in patria nell'aprile scorso. «Ha l'osso del collo rotto» stabilì l'autopsia, ma per i giudici, che fecero riesumare il corpo di Sana sepolto in tutta fretta dalla famiglia della giovane, nessuno degli undici indagati, quattro parenti stretti e altre sette persone, possono essere condannate per omicidio.
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La ragazza a Brescia aveva una relazione con un coetaneo, anche lui italiano di seconda generazione che avrebbe voluto anche sposare. Un rapporto che la famiglia non accettava e al contrario in Pakistan il padre aveva organizzato un matrimonio combinato per la figlia che però aveva rifiutato le nozze. Sana morì poche ore prima di salire sull'aereo, già prenotato, che l'avrebbe riportata in Italia e a Brescia dove aveva gestito un ufficio per pratiche automobilistiche. «Siamo molto rammaricati perché non ci aspettavamo una sentenza così» è il primo commento di Jabran Fazal, portavoce della comunità pakistana a Brescia. «In Pakistan - aggiunge - c'è la pena di morte per l'omicidio e probabilmente non è stato individuato l'esecutore materiale del delitto di Sana». Raza Asif, segretario nazionale della comunità pachistana in Italia è in contatto con le autorità di Gujrat. «Il poliziotto che ha condotto le indagini è stato trasferito e ora vogliamo capire come si sia arrivati all'assoluzione se il padre di Sana aveva addirittura confessato. Dove è finita quella confessione?» si chiede Raza Asif.
Sana uccisa in Pakistan, assolti il padre e il fratello. Salvini: «Vergogna»

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Venerdì 15 Febbraio 2019, 12:25
- Ultimo aggiornamento: 19:40
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