Passa con una schiacciante maggioranza di Sì la depenalizzazione dell'aborto a San Marino dove ieri si è votato il referendum che cancella il reato per le donne che interrompono la gravidanza. Il Sì vince con 77,28% dei voti contro il 22,72%. È un risultato storico per la Repubblica di San Marino, che a 43 anni di distanza dalla legge italiana, ammette l'aborto. Il referendum di iniziativa popolare, che ha visto in prima linea l'Unione donne sammarinesi (Uds), segna quindi un momento importante di un percorso iniziato nel 2003 con la prima proposta di legge in questo senso da parte della parlamentare di Sinistra Unita Vanessa Muratori.
Mentre ieri sera i dati trasmessi dai rappresentati del comitato promotore presenti in ogni seggio, arrivavano alla spicciolata marcando il netto distacco del sì fin da subito, le donne dell'Uds riunite al Bar Tabarrini con giornalisti e attiviste delle città romagnole e marchigiane limitrofe, festeggiavano. «Ogni dato che arriva viene commentato con urla di gioia. In alcuni seggi i sì sono più del doppio dei no - ha subito commentato, Rosa Zafferani, del direttivo Uds - si può immaginare la nostra felicità perché tutto l'impegno che ci abbiamo messo viene ripagato. Le donne hanno avuto fiducia in noi e sono state tante ad andare a votare oggi. Le donne sono state il 20% in più rispetto agli uomini, ma per avere una maggioranza così schiacciante significa che anche gli uomini hanno capito e ci hanno dato fiducia».
A San Marino, 35mila abitanti all'ombra delle tre rocche e altri 150mila sparsi nel mondo, Stato cattolico confessionale, che nella tradizione politica e sociale si definisce fondato dal Santo Marino nell'anno 301, gli elettori si sono così espressi definitivamente sulla depenalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza considerata, fino ad oggi, un reato punibile con la reclusione fino a 6 anni.
Invece la legge sul divorzio sul Titano arrivò nel 1986 quando in Italia era già esistente dal 1970, di fatto applica dal 1974 dopo il referendum
La campagna elettorale ha visto schierati su opposti fronti le attiviste dell'Unione donne sammarinesi, organizzazione promotrice della consultazione popolare, e le associazioni Pro Vita.
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