Usa-Russia, prove di dialogo: il Pentagono chiama Mosca dopo 3 mesi e chiede il cessate il fuoco

Fa breccia l’appello di Draghi per riattivare una linea con Putin

Usa-Russia, prove di dialogo: il Pentagono chiama Mosca dopo 3 mesi e chiede il cessate il fuoco
di Anna Guaita
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Sabato 14 Maggio 2022, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 06:46

NEW YORK - Appena quattro giorni fa, la portavoce di Joe Biden sembrava liquidare come impossibile l’idea di parlare con la Russia. Mario Draghi lo aveva suggerito a Joe Biden nel loro incontro nello Studio Ovale, martedì, e Jen Psaki poche ore dopo spiegava che Mosca non sembrava «disposta a negoziare». E invece ieri il Pentagono ha colto tutti di sorpresa con una comunicazione che ha fatto subito sperare nell’aprirsi di uno spiraglio negoziale. Per la prima volta dal 18 febbraio, il ministro della Difesa Lloyd Austin ha parlato al telefono con il collega russo Sergei Shoigu. Laconica la comunicazione del Pentagono: «Il segretario Austin ha sollecitato un cessate il fuoco immediato in Ucraina e ha sottolineato l’importanza di mantenere le linee di comunicazione». Poche parole, ma piene di significato, a cominciare dal fatto che Austin e Shoigu non si parlavano da tre mesi. E forse hanno fatto breccia le parole del premier italiano: «In Italia e in Europa ora la gente vuole mettere fine a questi massacri, a questa violenza. Dobbiamo usare qualsiasi canale, diretto o indiretto, e la comunicazione per portare la pace».

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GLI SCENARI
La riapertura del dialogo ha certo tutte le caratteristiche dell’eccezionalità.

Ma la cautela è d’obbligo, anche perché se Austin è riuscito ad acchiappare Shoigu, non altrettanto è riuscito a fare il capo degli Stati Maggiori, il generale Mark Milley, che avrebbe anche lui tentato senza riuscirci di entrare in contatto telefonico con l’omologo russo, il generale Valery Gerasimov. Gli analisti americani ricordano che Milley e Gerasimov avevano l’abitudine di sentirsi con grande frequenza, anche in momenti di contrasto profondo, dovendo tutti e due impegnarsi per evitare possibili errori di comunicazione e conseguenti possibili escalation. C’è ovviamente l’ipotesi, da molti sostenuta, che Gerasimov sia stato ferito al fronte e che sia stato anche sospeso. Analisti, diplomatici e commentatori hanno comunque salutato come un passo fondamentale la ripresa dei collegamenti fra Austin e Shoigu: «Perfino nel pieno della Guerra Fredda eravamo in contatto costante con l’Unione Sovietica – ha reagito l’ex ambasciatore e noto opinionista Richard Haass -. Non possiamo permetterci il lusso di non comunicare con Mosca». Dove questa apertura possa portare è però tutto da capire. Certo, c’è il fatto indiscutibile che il Pentagono, che da un paio di settimane aveva smesso di bersagliare Shoigu di telefonate a vuoto, ci ha riprovato e di colpo ha ricevuto una risposta. 

LE PRESSIONI ITALIANE
L’iniziativa fa sospettare che Joe Biden abbia ascoltato i suggerimenti di Draghi con più attenzione di quanto non si sia creduto in Italia. Il nostro premier è una figura altamente stimata nei circoli politici americani, ed era visto a Washington anche come portatore dell’opinione degli europei, sulla cui compattezza davanti alla Russia Biden sa di non poter fare a meno. E la testimonianza di Draghi sull’Europa che «vuole porre fine a questi massacri» combacia con precisi interessi che Biden non può ammettere pubblicamente, in primis quello che la guerra finisca perché l’inflazione che ha scatenato gli sta costando carissimo in termini di popolarità e probabilmente gli farà perdere la maggioranza democratica sia alla Camera che al Senato il prossimo novembre. Nel Paese si avvertono i primi screzi, sulla lunghezza della guerra e i costi per gli americani, come è diventato ovvio quando il senatore repubblicano Paul Rand ha bloccato da solo giovedì sera il voto per i 40 miliardi di finanziamenti umanitari e militari che Biden aveva recentemente chiesto su pressioni di Volodymyr Zelensky e che la Camera aveva passato a netta maggioranza ma non all’unanimità. L’ambasciatrice ucraina Oksana Markarova ha lamentato i ritardi, sostenendo che ci troviamo «in un momento critico della guerra». 

LO ZAR MALATO
Forse l’ambasciatrice stava anche tenendo presente le denunce dell’intelligence ucraina secondo la quale Vladimir Putin è malato di cancro e starebbe per entrare in ospedale. Gli 007 di Kiev sostengono che in Russia starebbe avvenendo un vero e proprio golpe, e ciò potrebbe far rallentare lo sforzo bellico, per questo il momento sarebbe critico e le armi Usa sarebbero cruciali per respingere definitivamente l’attacco dei soldati russi. Altre rivelazioni, raccolte dai tabloid Usa, sostengono che Putin avrebbe addirittura convocato i suoi sosia, per “coprire” la sua assenza mentre è in ospedale, e avrebbe preparato filmati da rilasciare mentre è assente per far credere che sia in giro a firmare leggi e a occuparsi dello Stato. Sono tutte ricostruzioni non confermate dalle intelligence occidentali. L’unico dato incontrovertibile che abbiamo della sua salute è che alla sfilata del 9 maggio, Putin indossava un cappotto eccezionalmente grosso e imbottito ed era l’unico che aveva una coperta sulle gambe. 
 

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