Giusto o no mandare in Ucraina sempre più armi, sempre più pesanti? «Lo scopriremo col tempo», dice Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes. «Al momento, abbiamo la presunzione che neanche con le ultime decisioni si raggiungerà la soglia che può indurre i russi ad attaccarci o alzare il livello dello scontro sul territorio ucraino. Quanto all'Italia, è una scelta che coincide con una lettura del nostro interesse nazionale, cioè non possiamo fare niente di diverso, anche se il nostro vero interesse sarebbe che il conflitto terminasse il prima possibile, in una condizione tale per cui possiamo riprendere un dialogo con Mosca».
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C'è il rischio di una deriva nucleare?
«In ambito atlantico si muovono con la ragionevole certezza di rimanere sotto la soglia che susciti la reazione aggressiva dei russi, spostando però questa soglia progressivamente sempre più avanti. Per il momento è una strategia che sta funzionando, a meno che i russi non arrivino a una decisione drammatica se il loro dispositivo militare sul campo si trovasse sul punto di collassare».
Per i britannici sarebbe legittimo l'uso da parte ucraina delle loro armi per colpire in territorio russo. Giusto così?
«Ci sta.
Con quale obiettivo finale?
«Il territorio dell'Ucraina è una specie di cuneo nella Federazione russa, Dvornikov proverà a tagliarlo per ricavare un confine più facilmente difendibile se Kiev entrerà nella Nato. Gli ucraini, invece, hanno adottato dottrine d'impiego testate passivamente dagli israeliani già nel 1973, contro le armi controcarro spalleggiabili degli egiziani. Il Javelin in Ucraina si è dimostrato micidiale, distrugge i carri armati a 4 chilometri e mezzo di distanza. Prima o poi si raggiungerà un equilibrio di forza su una linea di confine e quando tutte le parti capiranno di non poterla modificare, si metteranno d'accordo. Gli americani avrebbero già le nuove mappe e un'ipotesi di nuovo confine di fatto».