Russia, 600 aziende hanno lasciato il Paese: ecco quali sono, da Adidas alle multinazionali del petrolio

Hanno lasciato la Russia circa 253 aziende

Marchi molto famosi che hanno deciso di lasciare la Federazione russa
di Stefania Piras
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Domenica 10 Aprile 2022, 20:36 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 15:32

Chi sta ancora facendo affari in Russia? Jeffrey Sonnenfeld è un esperto di responsabilità sociale d'impresa, ha costituito un team di ricera di 24 studiosi dell'Università di Yale per monitorare centinaia di multinazionali e per capire chi ha scelto di premere il pusante Stop al proprio business in Russia. All'inizio dell'invasione dell'Ucraina solo alcune decine di aziende avevano annunciato il loro ritiro. Ora sono diventate almeno 600. La lista compilata da Sonnenfeld è molto lunga, è pubblica e ogni giorno viene aggiornata. Comprende marchi molto noti che in questo modo contribuiscono a fare pressione e a isolare il responsabile dell'invasione: Putin. Insieme alle sanzioni comminate da governi e istituzioni, la scelta di una multinazionale di lasciare il territorio russo può infatti rafforzare "la punizione economica". Senza dimenticare che in questo modo, senza aspettare le istituzioni, i brand decidono di schierarsi e di prendere posizione aggiungendo valore alla propria reputazione. 

«I consumatori dovrebbero sapere se le aziende che producono il loro cibo, vestiti e beni sono pienamente impegnati a porre fine alle atrocità del signor Putin», ha commentato Sonnenfeld sul New York Times.

Hanno lasciato la Russia circa 253 aziende, tra cui Accenture, Alcoa, American Airlines, BlackRock, BP, Deloitte,  eBay, KPMG, McKinsey & Company, PwC,  Reebok, Shell.

BP, Exxon e Shell hanno detto che stanno cedendo miliardi di dollari in attività energetiche russe. Bernard Looney, l'amministratore delegato della BP, ha spiegato che l'invasione ha portato la BP a ripensare fondamentalmente la sua posizione in Russia. «Sono convinto che le decisioni che abbiamo preso come consiglio di amministrazione non sono solo la cosa giusta da fare, ma anche nell'interesse a lungo termine della BP», ha detto. Qui è dove hanno annunciato, anche via Twitter lo scorso 27 febbraio, che l'amministratore delegato Bernard Looney e l'ex capo Robert Dudley avrebbero lasciato il consiglio di amministrazione della società russa. 

Hanno sospeso, invece, le attività circa  248 aziende, tra cui Adidas, American Express, Burger King, Chanel, Coca-Cola, Disney, Estée Lauder, General Motors, Hewlett Packard, HP, Hyundai, IBM, Levi Strauss & Company, MasterCard, McDonalds, Nike, Oracle, Paramount, PayPal, Starbucks, Visa, Xerox.

Inoltre il team di Yale ci informa che almeno 248 aziende hanno sospeso tutte o quasi tutte le loro operazioni aziendali in Russia senza uscire definitivamente o disinvestire. In molti casi, queste aziende hanno cessato di fare affari in Russia ma continuano a pagare i loro dipendenti russi, lasciando così la porta aperta al ritorno. Adidas, Disney, IBM e Nike rientrano in questa categoria. 

Hanno ridotto le proprie attività Bacardi, Caterpillar, Goldman Sachs, JPMorgan, Kellogg's, Mars, PepsiCo, PPG Industries, Whirlpool, Yum Brands. Hanno fermato gli investimenti 96 aziende, tra cui Abbott Laboratories, Colgate-Palmolive, Credit Suisse, Danone, Johnson & Johnson, Procter & Gamble, Siemens, Unilever.

Acer, Alibaba, Asus, Lenovo. Queste e almeno altre 150 aziende non hanno annunciato sostanziali cambiamenti volontari alle loro operazioni o ai loro investimenti nel paese. Alcune di queste aziende hanno fatto donazioni a organizzazioni umanitarie internazionali o hanno annunciato vaghe rivalutazioni delle operazioni in Russia, ma non hanno preso alcuna misura concreta per sospendere o ridurre i loro affari lì, oltre il minimo indispensabile richiesto legalmente dalle sanzioni internazionali.

Koch Industries, che produce rotoloni di carta e carta igienica, impiega circa 600 persone in due impianti di produzione in Russia. La società ha condannato l'invasione della Russia ma si rifiuta di chiudere i suoi impianti di produzione, suggerendo che se lo facesse, la Russia nazionalizzerebbe le strutture.

Ci sono precedenti? Qualcosa di simile successe nella seconda metà degli anni '80, quando circa 200 aziende americane lasciarono il Sudafrica per protestare contro l'apartheid.

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